L’industria del lusso si espande e assume nuove identità

Guidano il cambiamento la tecnologia digitale, un contagioso millennial style che favorisce il casual, la stravaganza e il divertimento, il mercato cinese volto verso valori di identity statement, classici rinnovati di esclusività e qualità.

I cambiamenti epocali dell’ultimo decennio segnano anche il mondo del lusso, modificandone i valori e lo stesso concetto. Internet, social e acquisti online ne hanno ampliato i confini rendendolo globalmente accessibile e seducente. La sua percezione segue i ritmi e la mutevolezza dei tempi, diversificandosi a seconda di dove e come vive il suo consumatore, coinvolgendo a livello aspirazionale, proponendo un modo di essere prima ancora dei suoi stessi prodotti, e invogliando a identificarsi nel brand.

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Numeri in crescita. Secondo una ricerca condotta da Deloitte, l’industria globale del lusso continua a crescere, nel 2023 raggiungerà 490 milioni di consumatori e vendite pari a 1.185 miliardi di euro. Lo studio True luxury global consumer insight di Boston Consulting Group, presentato a gennaio 2018, parla di un mercato che nel 2017 ha raggiunto i 915 miliardi di euro e di una stima di 1.260 miliardi per il 2024, di un incremento maggiore del lusso esperienziale rispetto a quello personale, grazie a un contributo del 130% proveniente dai millennial, del 70% dai cinesi e degli sviluppi del canale online che rappresenterà oltre il 15% del mercato.
Secondo il Luxury goods worldwide market study dell’autunno/inverno 2017 pubblicato da Bain & Company per Fondazione Altagamma, oltre l’80% del mercato dell’industria mondiale del lusso è cresciuto del 5% toccando 1,2 trilioni di dollari. Performance generate da nove segmenti, guidate da auto, ospitalità e beni personali in aumento a livello mondiale, con i prodotti enogastronomici e crociere che si distinguono nelle vendite della sfera esperienziale, rispettivamente con crescite del 6% e del 14%. Da tutti gli osservatori emerge l’importanza della svolta impressa dalle nuove generazioni, i consumatori più influenzati dal digitale. Clienti fedeli al brand di cui tendono ad acquistare tutto il possibile, ma che non esitano a lasciarlo quando diventa troppo comune, assetati di novità, voglia d’essere cool e creare un proprio stile.
Altrettanto cruciale è il ruolo dei canali online e dei social media, in continuo sviluppo: brand.com, negozi multi-brand e piattaforme di e-commerce generaliste a prezzo pieno coprono il 90% degli acquisti online, il restante va ai negozi multi-brand a prezzi scontati, i siti di flash sale e le vendite sui social media, un cosmo le cui varianti dipendono dalla nazionalità e generazione di chi acquista. Mercati maturi e senior preferiscono il brand.com, i millennial i negozi multi-brand, la Cina i social media e gli e-commerce generalisti, per il 75% in aggiunta ai negozi fisici, un canale di vendita che diminuisce in tutto il mondo ma, reinventato e proposto diversamente, godrà di una forte ripresa.

In generale, lo shopper informatico preferisce gli accessori all’abbigliamento, cresce nel beauty, nei gioielli e orologi, con i siti monomarca che assorbono il 31% degli acquisti. Sul fronte dei beni personali, si stima che entro il 2025 le vendite online copriranno il 25% del mercato, con cellulari e tablet protagonisti di oltre la metà degli acquisti, una percentuale che sale nelle fasce giovani e in Cina arriva al 77%, per lo più da smartphone. L’attenzione e l’interazione con social media, influencer e fashion blogger è sempre maggiore, cala Facebook e, in Occidente, cresce Instagram. Per alcuni settori e marchi, i blogger sono diventati un riferimento, ormai dei veri professionisti che trovano terreno fertile in Usa e crescente in Cina, dove c’è chi raggiunge 7 milioni di follower e una media di 100mila visualizzazioni per articolo pubblicato.
Un altro fenomeno interessante, è una maggior propensione verso il «made in» nella scelta di prodotti, campo in cui l’Italia gioca carte vincenti, aiutata da quello che per molto tempo è stato considerato un difetto: la stanzialità della filiera produttiva. Fattore legato alle dimensioni aziendali mediamente piccole e frazionate, che hanno scoraggiato l’emigrazione delle produzioni in Paesi a basso costo, andando oggi a favore del controllo della filiera e della qualità. Un ex difetto diventato pregio che, grazie a una tecnologia globalmente accessibile, contribuisce ad alimentare una contagiosa febbre di lusso in ogni campo del vivere. Un contesto in cui crescono le vendite di auto, i viaggi, l’ospitalità e, grazie a baby boomer e millennial, le crociere, specialmente se expedition o su navi di dimensioni più piccole della media, tipiche di compagnie come Seabourn o Silversea. Conferma la tendenza, il recente ingresso di Msc Crociere nell’extralusso con 4 ordini di navi sotto i 200 metri per soli 700 passeggeri che navigheranno nel Mediterraneo.
Super alcolici, vini e alimenti di alta qualità seguono la crescita con un +6% dando forma a un mondo, in cui le app di consegna a domicilio interessano persino i ristoranti stellati. L’industria del grande yachting, di cui l’Italia è leader mondiale, mantiene le sue posizioni, nonostante i giovani preferiscano il charter, un noleggio che al top di gamma diventa crociera per una nicchia in crescita di fruitori.

«Sostituirei la parola lusso con bellezza, bellezza che si lega col buon gusto, ormai una cosa rara», dice l’editore Sandro Battistessa, fondatore e patron di Genivs Loci, da due decenni un riferimento nel marketing dell’accoglienza d’alta gamma e oggi nel grande yachting. «C’è quello consapevole nato da una scelta e l’inconsapevole dall’alienazione. Nel primo caso è un tributo verso noi stessi che può diventare addirittura necessario, spesso però la scelta arriva da un sistema di promozione alienante. Idealmente dovrebbe essere capace di disegnare la felicità, qualcuno però si sente felice anche in un orribile resort 5 stelle. Ciò che intendo, è un mondo vivo, con radici che pulsano dentro la terra, espressioni della cultura locale e della vita della comunità. A volte però la globalizzazione appiattisce e distrugge questo tipo di ricchezza. La mia idea è valorizzare i geni dell’alto artigianato, quelle persone coraggiose che ogni giorno portano avanti le tradizioni di un paese come il nostro. Lo stesso ceo di Hermès ha detto che lusso è tutto ciò che nasce dai grandi artigiani del saper fare. Vorrei dar loro spazio e voce, spiegare che sono ancora loro che sanno creare meraviglia».
Rispondendo alla domanda su come sta giocando questo momento il settore dell’accoglienza, dice: «Sull’hôtellerie di alta gamma ci sarebbero tante cose da dire, io però parlerei del grand hotel Italia, che ha un asset fatto di meraviglie e bellezze eterne, ma non ha saputo dotarsi di servizi atti a cogliere tutto quello di cui potrebbe beneficiare. Purtroppo oggi vincono i grandi gruppi stranieri votati al profitto e le grandi famiglie stanno scomparendo. In Italia però ce ne sono ancora, abbiamo luoghi di ospitalità straordinari dove si può cogliere quell’amore che deriva da tre/cinque generazioni di presenza e dove i grandi gruppi perdono, nonostante siano in grado di costruire standard di cura del cliente talvolta eccezionali. Dei veri genius loci, dove senti l’anima del territorio e ne percepisci i profumi».

Un nuovo concept che in Italia ispira. A Milano, l’hotel 5 stelle Palazzo Parigi si riallaccia a questo concetto, essendo forse l’unico albergo indipendente di una proprietà italiana coraggiosa, l’architetto Paola Giambelli, appartenente a una grande famiglia di imprenditori, che sembra aver vinto la sua sfida essendo riuscita a emergere ad altissimo livello e a creare qualcosa di unico.
Il gruppo Alajmo, una famiglia che vanta una lunga storia nella gastronomia di qualità, ha scelto Philppe Starck per il restauro del Grancaffè & Ristorante Quadri in piazza San Marco a Venezia. Un locale che l’archistar parigino ha definito straordinario ma dormiente e dove cercando le sue meraviglie lui e gli Alajmo hanno trovato un paese delle meraviglie, come spesso succede in Italia.
Persino i masi dell’Alto Adige sono toccati da questa ventata di lusso inteso come alto di gamma, nei suoi il Gallo Rosso ha scelto i fiori al posto delle stelle per premiarne bellezza, qualità nel servizio e la vivibilità, capacità di accogliere e intrattenere. Nel cuore delle colline di Fiumana, vicino a Forlì, il Borgo Condé Wine Resort è un altro esempio che prevalica i classici del lusso fondando le sue radici nel territorio. Un contesto rurale fatto da una tenuta di 110 ettari, di cui 100 di vigneti da Sangiovese, con spa, ristorante che utilizza prodotti locali e percorsi campestri.
Persino eventi come la Coppa Milano-Sanremo, parlano di questo modo d’intendere il lusso. Una rievocazione di auto d’epoca lungo le strade di una gara nata nel 1906 che, grazie all’agenzia Equipe International, fa rivivere valori sopiti, riscoprire bellezze e vie dimenticate, ville come la Ottolenghi e la Sparina nel Gavi. Circa 600km con 80 comuni coinvolti e più di 60 prove in due giorni per protagoniste con gentleman driver al volante, come la Fiat 609S del 1926 guidata da Emanuele Filiberto di Savoia.
Piccole e grandi cose di cui si potrebbe fare una lunga lista, che arricchiscono un campo da gioco, ampliato dall’aumento di ricchezza dei mercati emergenti, che vede a confronto attori di ogni tipo e misura, stimola ad apprezzare la bellezza e la conoscenza, spinge il cliente ad avere ruoli attivi, i marchi a implementare modelli di business articolati e dove cresce il valore del made in. Nella scena europea dei prodotti per la persona, quello italiano primeggia negli accessori e l’abbigliamento, il francese nei cosmetici e profumi, gli americani preferiscono il made in America e i cinesi il made in France.
Passando a un altro mercato del lusso, i cinesi azionisti di maggioranza del Gruppo Ferretti, leader nella produzione di superyacht di lusso, ne hanno rispettato in toto l’italianità. Una tendenza ad apprezzare l’origine del prodotto che forse lega col loro primato negli acquisti all’estero, specialmente in Francia, Usa e Italia, ma comune anche ad altri paesi, specialmente nel campo dei beni di lusso personali. Come emerge dallo studio Deloitte Emea Fashion & Luxury, circa la metà avvengono in viaggio, per il 31% in store, per il 16% in aeroporto e per il 60% sono effettuati da cittadini di paesi emergenti.
Per valore, l’Europa è tornata l’area di riferimento, con 87 miliardi di euro di vendite al dettaglio. La Cina cresce del 15% con tassi di cambio correnti, raggiungendo un volume di 20 miliardi, un po’ meno il Giappone, che però tocca i 22 miliardi di euro, e il resto dell’Asia. Un sudato +2% va a Nord e Sud America, che però raggiunge gli 84 miliardi di valore. Nei canali di vendita, sale a +24% l’online, per circa la metà coperto dal mercato statunitense, ma con Europa e Asia che registrano le crescite maggiori, seguono il retail e il wholesale favorito dai negozi specializzati e penalizzato dal calo dei grandi magazzini. L’Italia domina la classifica delle 100 aziende più rappresentative del lusso mondiale, stilata da Deloitte, con ben 26 presenze e con Luxottica nella top ten. Insieme generano circa il 16% dei ricavi globali e vantano incrementi superiori alla media.
A cura di Donatella Zucca
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