Strategie, prodotti e modelli di business in rapida evoluzione

Spinta dall’innovazione tecnologica, dai tassi a zero e dalle direttive europee l+industria del risparmio gestito sta profondamente cambiando. Come? Se ne è parlato al convegno promosso da World Excellence con Morningstar all’It Forum di Rimini
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]È svolta, cambiamento, evoluzione rapida e inesorabile. Il settore del risparmio gestito sta attraversando una fase di profonda trasformazione con mutamenti strutturali, nuovi competitori, concorrenza accesa, tecnologia e nuovi modelli di business. Oltre a crescere in dimensione assoluta, l’industria è dominata sempre più da attori globali e si sta concentrando e uniformando anche dal punto di vista della distribuzione finanziaria. Le direttive europee, Mifid e Idd  (per il settore assicurativo), spingono infatti in questa direzione. In questo contesto la forte evoluzione tecnologica e la  politica monetaria espansiva della Bce che ha portato i tassi a zero o addirittura negativi, impongono nuove sfide alle fabbriche prodotto e alle reti distributive. Gli operatori, per essere competitivi, sono chiamati a trovare soluzioni che permettano di offrire consulenza e diversificazione con orizzonti temporali di medio e lungo periodo e portafogli basati sui bisogni del cliente e che, pur inserendo asset a maggior rischio, siano allo stesso tempo difensivi e capaci da una parte di proteggere il capitale e dall’altra di ridurre la volatilità. Ma devono anche migliorare il servizio offerto ai clienti (in vista anche dell’introduzione della Mifid2, rinviata al 2018) e trovare soluzioni che permettano di offrire consulenza anche a chi non può permettersi di pagarla. La riduzione dei margini può infatti essere contrastata con una più forte efficienza delle reti, formazione, investimenti tecnologici. Come dunque si stanno muovendo Sgr e reti per competere in un contesto aperto, tecnologico e in rapida evoluzione come quello attuale?

 Se ne è discusso  al convegno “Nuove strategie: prodotti e modelli di business della distribuzione finanziaria”, promosso da World Excellence con Morningstar al Palacongressi di Rimini in occasione dell’It Forum. All’incontro, moderato da Angela Maria Scullica, direttore delle testate economiche di Le Fonti, hanno partecipato Marco Barbaro, amministratore delegato di Bnp Paribas Investment Partners, Luca Gasparini, responsabile Multi Channel Banking del gruppo Bpm; Gian Franco Giannini Guazzugli, vicepresidente di Anasf, Davide Pelusi, ceo di Morningstar Italia e Iberia, Massimo Scolari, presidente di Ascosim.
Come si sta ristrutturando il mondo del risparmio gestito in questo scenario di tassi finanziare a zero e di forte innovazione tecnologica?
BARBARO L’industria sta attraversando un momento di grandi cambiamenti e si trova ad affrontare nuove sfide importanti e demanding: la prima riguarda tutta l’area del fintec e tutta la tecnologia legata al mondo finanziario in continua trasformazione e completa ridefinizione dell’approccio all’asset management, ai distributori e agli altri operatori sul mercato. La seconda è la regolamentazione che sta ridisegnando il modello di servizio a livello di distribuzione e di interazione tra la distribuzione e l’asset management e che mira a una maggiore trasparenza. Infine la terza riguarda i nuovi investitori, i cosiddetti Millennials, che si affacciano oggi per la prima volta sul mondo degli investimenti in maniera diversa e con aspettative e interazioni diverse rispetto a quelle tradizionali e che diventeranno in futuro i veri protagonisti. La sfida primaria però è legata ai tassi a zero che, tuttavia, hanno, per certi aspetti, degli elementi positivi perché offrono la possibilità di andare verso orizzonti temporali lunghi in modo più coerente con le esigenze dei consumatori. In termini di bilancio ci si è mossi verso soluzioni di flessibilità, passando dal 18% di fondi della categoria flessibile nel 2010 al 32% oggi, abbinata alla capacità di diversificazione, quindi multiasset, una risposta che tuttavia non sempre si è rivelata efficace. Il passaggio ulteriore va in direzione di soluzioni life cicle ma con gestione attiva della parte core del portafoglio e più flessibile dei tassi, oppure di altre soluzioni sempre in stile adattativo sulla soluzione del rischio cercando per i prodotti flessibili multiasset di adeguare non solo la parte core relativa ai tassi ma anche la parte rischio. Un’altra soluzione che il mercato sta cercando di implementare è la cosiddetta Iso vol ideata per adattare il portafoglio in relazione alla volatilità.
Quali settori tocca maggiormente la normativa Mifid e come incide sulla consulenza?
GASPARINI Attualmente, nell’ottica della Mifild 2, tutti stanno cercando di studiare come gestire quella che deve essere una consulenza qualificata che dia seguito alla possibilità di giustificare gli inducements.  L’ipotesi ricorrente per la maggior parte degli intermediari sarà quella di operare in termini consulenza qualificata non indipendente a pagamento; sarà quindi imprescindibile la necessità per l’intermediario di creare una interazione robusta, qualificata e strutturata tra professionista e cliente.
GUAZZUGLI Lo scenario attuale vede una perdita d’importanza dell’attività di sportello e una trasformazione del risparmiatore in investitore da quando la certezza di risparmiare per avere un alto rendimento è venuta a mancare; di fronte a questo oggi l’unica soluzione possibile, da parte in primis del consulente, è quella di modificare l’approccio con il cliente. Nella Mifid si fa riferimento alla distinzione sul servizio prestato tra consulenza su base dipendente o indipendente, distinzione che, per sua natura, determinerà una differenza di concezione nella remunerazione e impatterà sul modello di servizio. C’è sicuramente attenzione e preoccupazione da parte dei consulenti nei confronti di questa norma in quanto non è chiaro come potrà essere declinato il suo contenuto, quale sarà il ruolo e la remunerazione dei consulenti e quale consulenza si può e si deve usare in quali casi (ad esempio a seconda del tipo di portafoglio del cliente).
La norma europea nel momento in cui definisce due modelli di consulenza esplicita l’esistenza di due modi diversi di porsi nei confronti del risparmiatore che però possono tranquillamente convivere. La nostra Associazione è sempre stata attenta al cliente tanto che già nel 2005 abbiamo pubblicato “La carta dei diritti dei risparmiatori” dove si esplicita il diritto degli investitori a ricevere servizi di elevata qualità indipendentemente dall’operatore a cui si rivolge.
Quale sarà l’impatto sulla distribuzione finanziaria e sul mercato?
SCOLARI La Mifid2 prevede la possibilità per un’istituzione di prestare consulenza sia su base indipendente sia su base non indipendente. Inoltre è stata accolta la proposta di Esma secondo la quale i due tipi di servizio, al fine di evitare di generare nel cliente confusione, non devono essere forniti dalla stessa persona. Io personalmente sono dell’idea che la consulenza indipendente non debba essere intesa soltanto come consulenza sul portafoglio complessivo ma anche sulle singole operazioni; inoltre si dovrebbero consigliare strumenti di investimento sia passivi sia attivi in modo da essere molto flessibili e capaci di calibrare i servizi in funzione delle esigenze della clientela, delle caratteristiche del portafoglio e della disponibilità del mercato. Ma parlare di Mifid apre molti altri aspetti di discussione. Innanzitutto va premesso che questa nuova normativa che mira a ridisegnare la struttura del mercato finanziario soprattutto sul piano della distribuzione, essendo frutto di negoziazioni lunghe mesi e di apporti di persone diverse, può presentare aspetti di difficile e non immediata comprensione se non addirittura di oscurità; in aggiunta alcuni cambiamenti introdotti dalla Mifid 2 non sono ben conosciuti e per questo suscitano notevoli preoccupazioni. Inoltre ogni normativa ha degli impatti sul mercato ma bisogna distinguere tra quelli, anche rigorosi e dolorosi, voluti dal legislatore e dalle autorità e quelli invece negativi e spiacevoli non previsti dalla normativa stessa.
Un elemento significativo è sicuramente quello della tecnologia e dei cambiamenti in questo ambito e si parla tantissimo in questo periodi di robo advisory e  di strumenti di consulenza al computer. Cosa si può dire a riguardo?
PELUSI  Il problema della tecnologia è che determina cambiamenti sempre più rapidi a cui è difficile adeguarsi in modo puntuale e di conseguenza si generano squilibri che richiedono un maggior sforzo di reattività e di aggiornamento. Il Robo-advisor rappresenta quindi, per la categoria dei consulenti finanziari, tanto un’opportunità quanto un rischio, visti i tempi a cui l’innovazione hi-tech ci sottopone. Ecco perché il “nuovo” consulente deve assolutamente interpretare il proprio ruolo come un generatore di valore aggiunto per il cliente finale e, nello specifico, nella gestione e comprensione della sua emotività, differenziandosi e intervenendo là dove l’algoritmo e il robot non hanno margine di azione. Solo così, nel rapporto empatico con il risparmiatore, il consulente può risultare vincente, sfruttando le potenzialità della macchina, a supporto dell’imprescindibile rapporto umano. Inoltre, l’introduzione della tecnologia e, in particolare, l’avvento dei canali on-line e del mobile, hanno ultimamente favorito il passaggio del potere decisionale, prima esclusivo della casa prodotto e poi dei distributori, direttamente ai consumatori finali. I risparmiatori, quindi, potranno accedere ai fondi comuni di investimento rivolgendosi direttamente alle “fabbriche-prodotto” disintermediando banche e distributori. Tuttavia, ribadisco, non rinunceranno al consulente se e soltanto se questi saprà aggiungere valore.
GASPARINI Senza dubbio il livello di interazioni che il consumatore ha con queste piattaforme digitali diventa lo standard su cui conformare tutto il resto. Nella misura in cui il cliente non è più utente ma diventa consumatore, si assiste a una rivisitazione dei modelli di servizio degli operatori.
Quale connessione si può instaurare tra tecnologia e consulenza data la tendenza alla digitalizzazione dei sistemi e dei servizi di investimento?
GUAZZUGLI Di fronte al problema di coniugare l’uomo e la tecnologia, la mia impressione è che la tecnologia non deve spaventare. Anzi è un’opportunità. La modalità di rapporto con il cliente è profondamente cambiata per lo scenario di mercato (tassi zero) nel quale operiamo. Ne deriva la necessità di attualizzare la relazione con i clienti alla luce dei contesti finanziari differenti, tenendo conto anche dell’evoluzione tecnologica. La tecnologia si rivela infatti uno strumento molto utile perché permette di offrire al cliente un servizio h 24, che consente di avvalersi in autonomia e a qualsiasi ora degli strumenti informatici; allo stesso tempo, però, il risparmiatore ha bisogno di consulenza e di informazioni o consigli su come ottimizzare il suo patrimonio. Da solo l’elemento tecnologico del robo advisor presenta dei limiti perché immagazzinando un dato (di profilatura) non considera poi una possibile evoluzione in tema di esigenze, flussi di denaro, condizione lavorativa o privata: tutta una serie di variabili, cioè, che nel tempo possono mutare e che richiedono una valutazione ad hoc per la conferma o la modifica dell’asset allocation. Deve esserci quindi sinergia tra i due elementi, quello umano e quello tecnologico, che combinati sono in grado di offrire un modello che in Italia, quando applicato, si sta rivelando vincente.
BARBARO La tecnologia sta prepotentemente impattando sul nostro modo di essere, di relazionarci, sulle istituzioni. In questo contesto di inevitabili e inarrestabili cambiamenti generazionali anche in ambito finanziario i robo advisory sono un’opportunità per avere una consulenza on-line semplice, a costi bassi, trasparente, veloce e in grado di facilitare quelle fasce di clientela poco redditizie che altrimenti non potrebbero avvalersi della consulenza. Ci sono tuttavia alcuni limiti dei robo advisor identificati anche da Esma e Eiopa: innanzitutto la fase iniziale del rapporto, ovvero quella di scripting del profilo degli investitori attraverso una piattaforma, sebbene ci sia uno screening con un questionario Mifid, tuttavia non necessariamente è sufficiente in quanto la piattaforma riduce lo spazio di analisi delle reali esigenze degli investitori. Inoltre queste piattaforme si affidano a più stake holders, elemento che ne aumenta la complessità, e sono semplici nella fase del fruitore che acquisisce l’output ma dietro per chi le elabora non sono altrettanto immediate da comprendere. Esiste poi il problema della sicurezza cibernetica, che si lega al problema della privacy, perché sono piattaforme potenzialmente attaccabili. Ne risulta che è auspicabile una compresenza tra robo advisor e human advisor.
SCOLARI A mio avviso la presenza della tecnologia applicata ai sistemi di investimento rappresenta un notevole fattore di evoluzione e di trasformazione di questo settore. Vorrei sfatare il luogo comune spesso utilizzato nella difesa dell’umano ovvero quello della sua insostituibilità da parte della macchina perché solo l’uomo può comprendere l’aspetto psicologico e emotivo del cliente. Infatti il “bias” del consulente o del bancario è pari o comunque non inferiore a quello del cliente e non è detto che l’aspetto del pathos, della parola e della pacca sulla spalla sia la strada giusta. Anzi sistemi non discrezionali hanno dimostrato di essere superiori a atteggiamenti discrezionali tipici dell’essere umano nella gestione del portafoglio. È sbagliato pensare che l’uomo serva sempre o sia insostituibile, serve nella misura in cui è in grado di dare valore alle risorse di un sistema non discrezionale. Ne consegue che gli operatori dovranno essere sempre più formati, qualificati, specializzati ma anche in grado di fornire la soluzione più adeguata e più efficiente. E la stessa cosa dovrebbero farla le banche.
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