Grande successo per il Convegno Le Fonti tenutosi martedì 15 novembre nella cornice di Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, con il patrocinio di Commissione Europea e la media partnership di CorriereEconomia. Durante la serata, che ha visto la partecipazione di Marcus East, già eCommerce Manager di Apple al fianco di Steve Jobs ed esperto mondiale di digital transformation, sono state premiate le società più innovative in diversi settori. La palma di Eccellenza dell’Anno per la Finanza Innovativa è andata a Solutions Capital Management Sim:
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Per l’approccio innovativo alla gestione dei patrimoni, indipendente e a 360 gradi, per una consulenza che non si limiti ai soli aspetti finanziari. Per la capacità, suffragata dalla recente quotazione in Borsa, di rappresentare un nuovo modello di advisor e wealth management sul mercato italiano.
«È la seconda volta quest’anno che ci ritroviamo a Piazza Affari – ha commentato Antonello Sanna, CEO di SCM Sim -. La prima è stata il 28 luglio, giornata in cui abbiamo raggiunto un risultato molto importante: ci siamo quotati come prima Sim sul mercato AIM di Borsa Italiana. La seconda in occasione del Premio Le Fonti.
Ci fa molto piacere essere presenti a questa serata, in cui si è dato spazio a un tema di lungimiranza e visione futura, come è l’innovazione, in una location di contesto storico quale è il Palazzo di Mezzanotte. SCM, fin dalla sua origine nel 2009, nasce come modello di consulenza finanziaria indipendente. Un modello di business innovativo ed unico in Italia, fondato sulla trasparenza, indipendenza e assenza di conflitto di interessi. Siamo stati capaci di anticipare il cambiamento che sta attraversando oggi l’industria del risparmio gestito. Per effetto sia di logiche interne che di fattori esogeni, in primis la crisi finanziaria, l’industria del Private Banking si trova ad affrontare oggi tre cambiamenti epocali: nuove esigenze e bisogni della clientela, espansione della tecnologia e regole più severe a tutela dei risparmiatori, ossia la trasparenza, soprattutto a livello normativo. Per far fronte ai cambiamenti del mercato diventa necessario differenziarsi dai grandi gruppi bancari e dai loro sevizi standardizzati, orientandosi verso un modello di consulenza finanziaria che offra servizi personalizzati a clienti di alto livello e con esigenze articolate. SCM SIM, tramite i servizi di Private Banking e Wealth Management, offre soluzioni di advisory personalizzate per i clienti. Secondo la logica del Multi Family Office, ci posizioniamo al fianco dei nostri clienti, proprio come un vero life coach, fornendo strategie, soluzioni e strumenti necessari per la pianificazione, protezione e gestione del loro patrimonio complessivo. Non ci limitiamo a svolgere il servizio di asset allocation, ma ci occupiamo di tutti gli aspetti rilevanti per i nostri clienti, quali questioni successorie, consulenza in campo assicurativo e ottimizzazione fiscale. La clientela SCM è considerata e servita con una visione d’insieme del patrimonio, che si focalizza sul concetto di protezione e creazione di valore nel lungo periodo per il cliente e con il cliente. Il nostro obiettivo è di servire in maniera profittevole i nostri clienti, garantendo loro una customer experience di eccellenza. Essere premiati come finanza innovativa è certamente un segnale molto forte. Il mercato e la comunità finanziaria, anche a livello internazionale, riconosce in noi un modello di successo. Siamo la società di riferimento per quei consulenti che decidono di fare dei valori il centro della loro professione, tramite un modello che consente di allineare i propri interessi con quelli dei clienti».
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Ecco chi ha raccolto di più e chi è in piena corsa
3 anni agoAl primo posto c’è Intesa Sanpaolo Private Banking, seguono Banca Generali e Fineco. Ma tra chi cresce percentualmente di più ci sono Banca Widiba (+104%) e IWBank Private Investments (+62%)
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Intesa Sanpaolo Private Banking è in testa alla classifica della raccolta netta in Italia. La società del gruppo Fideuram ha infatti totalizzato, tra risparmio gestito e amministrato, una raccolta pari a oltre 5,5 miliardi di euro da gennaio a luglio di quest’anno. Facendo registrare una crescita del 131% rispetto allo stesso periodo del 2016 e piazzandosi al primo posto anche tra gli operatori che hanno incrementato maggiormente la raccolta. Al secondo posto Banca Widiba, che ha fatto registrare un +104,25% rispetto ai primi sette mesi del 2016, seguita da IW Bank (+62,7%) e Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking (58,6%). In coda, Consultinvest Investimenti Sim, che ha perso oltre il 51% di raccolta rispetto all’anno scorso, Banca Mediolanum (-23,89%), Azimut Capital Management (-22,98%), Finanza & Futuro Banca (-19,36%).
È quanto emerge da una ricognizione effettuata dal Centro Studi Le Fonti, che ha rielaborato i dati Assoreti per fotografare sia l’andamento della raccolta nei primi sette mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, sia chi è cresciuto di più. In generale, si nota una netta inversione di tendenza sul piano degli andamenti della raccolta netta riferita al risparmio gestito e amministrato. Con un vero e proprio boom di prodotti come i fondi comuni e Sicav di diritto italiano ed estero, i Gpf e in generale il risparmio gestito, che ha registrato una raccolta pari a 21,8 miliardi di euro, 12,7 in più rispetto al 2016. Opposto il discorso per il risparmio amministrato, che nei primi sette mesi dell’anno passato ha fatto registrare una raccolta pari a 11,1 miliardi di euro, mentre quest’anno è fermo a quota 3,7, con un saldo negativo pari a 7,47 miliardi.Secondo gli ultimi dati resi noti da Intesa Sanpaolo Private Banking, i primi sei mesi del 2017 del gruppo Fideuram hanno mostrato un mix della raccolta decisamente più favorevole rispetto al primo semestre del 2016, con la componente di risparmio gestito che ha segnato una performance pari a 6,8 miliardi di euro, a fronte di una raccolta netta di risparmio amministrato pari a 0,7 miliardi. In particolare, la raccolta netta in fondi comuni, pari a 4,2 miliardi, ha registrato un forte incremento (+6 miliardi di euro rispetto al dato negativo del primo semestre 2016 (-1,8 miliardi). A tale risultato ha contribuito anche la raccolta di oltre 0,4 miliardi di euro di piani individuali di risparmio (Pir). Solida performance anche nel comparto assicurativo e in quello delle gestioni patrimoniali che hanno registrato, rispettivamente, 1,7 e 0,8 miliardi di euro di raccolta netta.
Secondo Paolo Molesini, amministratore delegato e direttore generale della società, «trimestre dopo trimestre continuiamo a dimostrare, con i risultati, la validità del nostro modello e la bontà dell’assetto strategico. I nostri private banker, forti di un marchio che è sinonimo di qualità e solidità, del supporto fornito dalle strutture centrali e dalle nostre fabbriche, crescono, sia in termini di attività finanziarie sia di numero di clienti, consentendoci di raggiungere i migliori risultati di sempre in termini di raccolta netta (7,5 miliardi), di raccolta gestita (quasi 7 miliardi), e di utile netto. Siamo, inoltre, sempre più attrattivi per i migliori professionisti presenti sul mercato, e la forza combinata di questi fattori produce un risultato eccellente, per i nostri clienti e la nostra banca».
IW Bank, da gennaio a luglio 2017 ha registrato una raccolta netta pari a oltre 651 milioni di euro, 251 in più rispetto al 2016, con una crescita del 62,7%. Il numero di consulenti finanziari reclutati negli ultimi 12 mesi della società è pari a 59, per un totale di professionisti salito a quota 767. «Nel corso dei primi mesi del 2017 la banca ha proseguito positivamente il suo percorso di sviluppo verso un modello che bilancia con equilibrio il valore centrale della relazione umana, basata sul rapporto professionale e di fiducia tra cliente e consulente finanziario, e l’innovazione tecnologica offerta dalle piattaforme di trading online e dai servizi multicanali della banca», afferma Andrea Pennacchia, direttore generale IWBank Private Investments. «I risultati commerciali confermano il valore di tale modello di servizio che ha consentito la generazione di sinergie cross-canale, determinanti per la rete dei consulenti finanziari. I prossimi mesi», continua Pennacchia, «saranno dedicati alla valorizzazione e all’innovazione della proposizione commerciale che la banca ha sviluppato per i clienti dei consulenti finanziari. Lo scenario macro rimane complesso pur in presenza di un miglioramento di alcuni indicatori fondamentali», sottolinea Pennacchia, «la crescita continua solida e diffusa in diverse aree geografiche e settori, tuttavia il rafforzamento dell’euro e le tensioni geopolitiche sono alcuni degli elementi di incertezza da tenere in debito conto nella costruzione delle posizioni finanziarie dei clienti. In questo contesto si inseriscono, come fattori strutturali di cambiamento, l’evoluzione demografica e il progressivo innalzamento dell’aspettativa di vita che pongono gli investitori di fronte a nuove sfide, in parte inedite. Tra queste, la più sentita è il mantenimento nel lungo termine dell’attuale tenore di vita: obiettivo non facile da perseguire con un mercato volatile e complesso. Proprio alla luce di tale situazione, diventa sempre più importante affidarsi a un consulente finanziario che faccia della professionalità e della capacità di offrire soluzioni personalizzate, diversificate e coerenti con il profilo di rischio di ciascun investitore, i cardini della propria attività».Banca Generali è al secondo posto per raccolta netta tra gennaio e luglio di quest’anno, con una crescita, rispetto al 2016, pari al 22,2%, rientrando così tra le prime dieci società che hanno aumentato maggiormente il business. La raccolta di Banca Generali, nel 2017, è stata catalizzata principalmente dalle soluzioni di risparmio gestito e assicurativo con particolare interesse per le innovative soluzioni “contenitore”. Grande successo, infatti, sottolinea la banca, hanno riscontrato le gestioni patrimoniali e la polizza multilinea che consentono diversificazione e protezione degli investimenti con dinamiche di personalizzazione dell’advisory. A parere di Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, «le possibilità di personalizzazione della nostra offerta e i servizi di advisory evoluta, che comprendono anche il patrimonio non finanziario, stanno catalizzando l’attenzione della clientela, soprattutto nella fascia private. Abbiamo rivisto le nostre stime al rialzo a 5-5,5 miliardi come previsione di raccolta per il 2017, in linea all’andamento record dello scorso anno».
Finecobank è al terzo posto con 3,13 miliardi di euro di raccolta netta effettuata tra gennaio e luglio e con un incremento del 16,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in cui aveva totalizzato una raccolta di 2,68 miliardi. I nuovi flussi si sono concentrati prevalentemente verso la raccolta gestita, pari a 2,394 miliardi di euro e in crescita del 15% rispetto all’anno scorso, e in particolare verso i servizi di consulenza evoluta, i cosiddetti guided products & services, che hanno registrato flussi per 2,561 miliardi.
«Fineco ha registrato negli ultimi mesi e anni dati estremamente solidi sul fronte della raccolta», spiega Carlo Giausa, direttore investimenti e private banking di Fineco, «con una forte accelerazione dei nuovi flussi verso i servizi di consulenza evoluta. Questo è stato possibile grazie anche al modello di cyborg-advisory adottato dalla banca, che mette a disposizione della propria rete di personal financial advisor strumenti ad alto contenuto tecnologico per razionalizzarne e semplificarne il lavoro. Quanto ai prossimi mesi, ci sono tutte le condizioni perché questo trend continui. Fineco», dice Giausa, «proseguirà a concentrarsi sulle soluzioni di consulenza evoluta, che stanno ottenendo un ottimo riscontro da parte della clientela. Si tratta infatti di soluzioni in grado di fornire portafogli estremamente diversificati per vari profili di rischio/rendimento, e che possono essere personalizzati dal consulente finanziario sulla base delle necessità e degli obiettivi di vita dei singoli clienti». Per quanto riguarda, invece, i cambiamenti delle esigenze dei risparmiatori, secondo Giausa, «le varie vicende che hanno scandito gli ultimi anni, dalla crisi finanziaria fino ai problemi che hanno interessato alcune banche locali, hanno reso le famiglie italiane molto più attente verso la gestione del proprio risparmio. La prima conseguenza è la crescente domanda di una consulenza finanziaria professionale da parte dei risparmiatori, che stanno sempre più familiarizzando con i concetti di diversificazione del portafoglio e di pianificazione di lungo periodo. Si tratta di un cambio di approccio che sarà progressivo ma estremamente rilevante, soprattutto per un Paese che può contare su una ricchezza finanziaria privata tra le più elevate al mondo, con uno stock di risparmio pari a oltre 4mila miliardi di euro, e dove le famiglie per molti anni sono state abituate a investimenti di breve termine con strumenti tradizionali come conti deposito o titoli di stato».[/auth]
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Quanto pesano i costi su patrimonio e rendimento
3 anni agoNegli ultimi anni si registra un calo costante delle commissioni negli Stati Uniti e in Europa. Ma la crescita dei volumi gestiti ha più che controbilanciato la riduzione dei margini
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Con l’entrata in vigore della Mifid 2 gli intermediari saranno tenuti a fornire un’informativa completa e dettagliata sui costi e oneri applicati ai clienti per i servizi offerti e gli strumenti finanziari collocati e consigliati. E dovranno farlo sia ex-ante, ossia al momento di effettuare l’operazione, sia ex-post, almeno su base annuale. L’informativa da comunicare al cliente dovrà essere completata da «un’illustrazione che mostri l’effetto cumulativo dei costi sulla redditività che comporta la prestazione di servizi di investimento».
L’impatto dei costi sul rendimento di uno strumento o di un servizio d’investimento assume quindi una notevole rilevanza non solo per la valutazione sulla convenienza relativa di ogni singolo investimento, ma anche per l’adempimento agli obblighi informativi derivanti dalla nuova normativa europea.
Asset Management ha preso in rassegna alcuni studi recenti sul tema dell’impatto dei costi e oneri sul patrimonio e sul rendimento dei fondi d’investimento nelle diverse aree geografiche. I lavori esaminati evidenziano l’importanza di considerare, al fine di giungere a una valutazione di costo complessivo, non solo i costi correnti che vengono applicati ai fondi (Ter, total expense ratio), ma anche l’impatto degli oneri che gravano sui clienti all’atto della sottoscrizione e del rimborso. Le analisi contenute nelle ricerche e le conclusioni possono offrire spunti interessanti per la comprensione delle principali tendenze del settore dell’asset management a livello internazionale e per fornire alcune indicazioni relative agli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti della clientela.Le commissioni sui fondi d’investimento negli Stati Uniti. Il Ter dei fondi a lungo termine negli Usa, secondo i dati forniti dall’Ici (Investment company institute), è calato in misura sostanziale nel corso degli ultimi 20 anni. I fondi azionari, che nel 1996 presentavano un Ter pari all’1,04%, hanno avuto una diminuzione degli oneri commissionali allo 0,63% nel 2016. Per i fondi obbligazionari si è passati nello stesso periodo dallo 0,84% allo 0,51% mentre i fondi bilanciati hanno manifestato una riduzione dallo 0,95% allo 0,74%.
I fondi a scadenza (target date fund), strumenti che vengono frequentemente utilizzati anche con finalità previdenziali, hanno evidenziato nel 2016 un costo totale pari a 0,51%, con una diminuzione del 24% rispetto al 2008. La maggioranza dei Tdf sono costituiti da fondi di fondi che presentano nel 2016 un Ter pari a 0,66%.
I fondi d’investimento no-load, ossia gli strumenti che non presentano costi di sottoscrizione e di rimborso, hanno raccolto maggiore interesse da parte degli investitori; nel 2016 hanno messo a segno una raccolta positiva di 113 miliardi di dollari contro un deflusso pari a 232 miliardi da parte degli altri fondi di investimento.
I fondi d’investimento a gestione attiva hanno avuto una diminuzione dei costi totali passando da 1,08% nel 1996 allo 0,82% nel 2016. Nel medesimo periodo i fondi passivi hanno visto calare le commissioni da 0,27% a 009%. Infine, per quanto riguarda gli Etf azionari, il peso commissionale si è ridotto dallo 0,34% del 2009 allo 0,23% nel 2016.
La diminuzione degli oneri che gravano sui fondi d’investimento è il risultato di molteplici fattori. In primo luogo, i costi tendono a decrescere nelle fasi di aumento dei volumi e della dimensione dei fondi stessi. Tipicamente ciò si realizza nelle fasi positive del mercato azionario nelle quali cresce il valore dei fondi e, di norma, la raccolta positiva ne accresce ulteriormente la dimensione. Poiché alcune delle voci di costo che compongono il Ter sono per loro natura fisse, la loro incidenza cala al crescere della dimensione dei fondi. Il contrario avviene nelle fasi negative, come negli anni 2008-2009, quando la forte correzione del mercato azionario determinò un aumento del peso delle commissioni.
Un secondo fattore che può contribuire alla spiegazione della flessione dei costi è costituito dal relativo grado di concentrazione del mercato. Raffrontando la media aritmetica e ponderata (rispetto agli asset gestiti) dei fondi azionari, si nota che a fronte di un Ter medio ponderato pari a 0,63%, la media aritmetica dei costi è dell’1,28%. Ciò contribuisce a dimostrare che i fondi di maggiori dimensioni applicano commissioni più basse beneficiando di notevoli economia di scala.
Infine, una delle maggiori determinanti della diminuzione del costo medio ponderato dei fondi riflette la maggiore propensione degli investitori (in particolar modo tramite i piani previdenziali 401k) all’acquisto di fondi no-load e delle classi che non prevedono le commissioni di distribuzione (12-b fees). Nel 2016, l’81% delle sottoscrizioni dei fondi a lungo termine ha interessato questa tipologia di strumenti.
La maggiore domanda e quindi l’accresciuta consistenza dei fondi senza commissioni di ingresso ha contribuito progressivamente a ridurre il livello medio del Ter. Tale considerazione può essere naturalmente estesa anche al maggior peso dei fondi d’investimento passivi ed Etf che, come noto, presentano commissioni di gestione nettamente più contenute dei fondi a gestione attiva.Le commissioni sui fondi d’investimento in Europa. Nell’agosto 2016 Morningstar ha pubblicato uno studio sulle commissioni applicate dall’industria europea dei fondi d’investimento. Il lavoro di ricerca mette in evidenza che l’importo dei costi ricorrenti è stato pari all’1% del patrimonio gestito, in diminuzione rispetto all’1,09% registrato nel precedente studio del 2013. Ma, nonostante la diminuzione dei costi, gli investitori europei hanno corrisposto un maggior valore per commissioni (61 miliardi contro 53 nel 2013), in relazione all’aumento del volume dei fondi che ha più che controbilanciato la discesa dei costi.
L’impatto varia tra le diverse giurisdizioni nazionali. In Irlanda e Svizzera il peso dei costi correnti, 0,62%, è nettamente inferiore alla media europea a causa della forte presenza sul mercato di investitori istituzionali. Norvegia, Olanda e Svezia evidenziano un livello di costi competitivo. Nei paesi del Sud Europa, Italia, Spagna e Francia, gli investitori pagano commissioni percentuali più elevate rispetto alla media europea. In alcuni di questi, segnatamente Italia e Spagna, il livello dei costi è aumentato nell’ultimo triennio, in controtendenza rispetto all’industria europea.
Anche nel contesto europeo si conferma una forte differenza tra gli oneri applicati dai gestori attivi e passivi. L’impatto percentuale dei costi nei fondi passivi è stato mediamente pari a 0,31% contro l’1,38% di quelli attivi. Nel contempo la penetrazione dei fondi passivi sul mercato è accresciuta e ha raggiunto nel 2016 il 10,3% (8% nel 2013).
Un’ulteriore determinante della diminuzione dei costi deriva dalla maggiore propensione degli investitori, che prediligono il supporto di consulenti indipendenti, alla sottoscrizione di «clean class», ossia classi di azioni dei fondi esenti dalle commissioni di distribuzione. La differenza percentuale tra le classi ordinarie e quelle non gravate dal costo per la distribuzione è quantificabile, per i fondi azionari, secondo le stime di Morningstar, in 46 bps.
È interessante notare Olanda e Regno Unito, nei quali sono state introdotte norme che hanno limitato o vietato forme di remunerazione tramite commissioni, l’impatto dei costi dei fondi è sensibilmente diminuito nell’ultimo triennio (in Uk da 1,22% a 1,03%, in Olanda da 1,18% a 0,75%)
Lo studio di Morningstar analizza infine le economie di scala nell’industria dei fondi europei, ossia la diminuzione di costi e oneri in funzione della maggiore dimensione dei fondi. Le economie di scala sembrano maggiormente presenti in Svezia, Germania, Olanda e Svizzera.L’impatto dei costi sui rendimenti dei fondi d’investimento in Europa. L’Esma, authority europea degli strumenti e mercati finanziari, ha recentemente pubblicato un articolo sul tema dell’impatto dei costi sul rendimento dei fondi d’investimento europei. Lo studio prende in esame il periodo tra l’inizio del 2013 e la fine del 2015. Il campione dei dati presi in considerazione, che copre decine di migliaia di fondi europei, è rappresentativo dell’intera industria dell’asset management nelle diverse giurisdizioni europee. I risultati del evidenziano i diversi fattori che contribuiscono a ridurre il rendimento per gli investitori a causa dell’applicazione dei Ter, dei costi connessi alla sottoscrizione e al rimborso da parte dei clienti e dell’effetto derivante dal tasso di inflazione.
I Ter pesano sul rendimento dei fondi per un ammontare compreso tra 16 e 188 bps, che corrisponde a una riduzione del 13% del rendimento conseguito. Le commissioni di sottoscrizione variano tra 1 e 77 bps, L’applicazione di commissioni per il rimborso riduce ulteriormente il risultato netto per gli investitori. Sommando l’effetto dei costi correnti e delle commissioni di sottoscrizione e di rimborso, si conclude che il rendimento viene ridotto di una misura pari al 20%.
Se infine si considera anche l’effetto derivante dal tasso di inflazione, che riduce il rendimento conseguito dagli investitori in termini reali, si ottiene una dato complessivo pari al 29%.
Il peso dei costi e oneri sul rendimento varia sostanzialmente in funzione della tipologia del cliente (retail/istituzionali), dello stile di gestione (attivo/passivo) e delle asset class di specializzazione del fondo. Tralasciando gli effetti dell’inflazione, il solo peso dei costi e oneri applicati, determina un maggiore effetto sui fondi obbligazionari e monetari (rispettivamente 31,9% e 34,8%) mentre sui fondi azionari la riduzione del rendimento è quantificabile nel 15,4%. I rendimenti dei fondi a gestione attiva sono ridotti in misura pari al 20,7%, mentre per i fondi passivi i costi incidono per il 5,2% del rendimento.
I dati risentono anche delle diverse giurisdizioni nazionali: i Paesi nei quali si evidenzia un maggiore impatto dei costi sono l’Austria, il Lussemburgo, la Spagna e l’Italia. Nel nostro Paese, a fronte di un dato medio europeo del 20%, il peso dei costi è quantificabile nel 27,7%.
Il costo totale dell’investimento in fondi comuni in Italia. Nel settembre 2017 è stato pubblicato una studio da parte di quattro ricercatori della Banca d’Italia che analizza il costo totale dell’investimento nei fondi italiani. Il lavoro di ricerca si propone di effettuare una stima del costo complessivo dell’investimento nei fondi comuni italiani (total shareholder cost, Tsc).
I costi complessivi associati all’investimento in un fondo comune aperto comprendono quelli che gravano sul fondo (Ter) e quelli direttamente imputati ai sottoscrittori (commissioni di ingresso e di uscita). Mentre il Ter viene calcolato utilizzando direttamente le informazioni tratte dalle segnalazioni di vigilanza sulle provvigioni che gravano sul fondo, le commissioni di ingresso e uscita pagate dai risparmiatori sono state stimate utilizzando il valore delle commissioni di sottoscrizione e di rimborso incassate dalle Sgr come riportate nei loro bilanci.
Le stime ottenute sulla base dei dati di bilancio delle Sgr mostrano come nel periodo 2006-2016 il Tsc sia stato in media pari all’1,58% del patrimonio complessivo dei fondi (1,74% a fine 2016). L’incidenza dei costi direttamente pagati dal risparmiatore è aumentata in coincidenza con la crescente diffusione dei fondi a scadenza: dal 2013 essi pesano per oltre il 10% sul totale delle commissioni. Se si sottraggono i costi direttamente e indirettamente sostenuti dagli investitori il rendimento si riduce dal 3,5 al 2% nella media del periodo 2006-2016.[/auth]
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Ecco come sarà il nuovo Banco Bpm
4 anni agoGiuseppe Castagna, designato a guidare il terzo gruppo bancario italiano, illustra quali saranno le strategie e le sfide da affrontare
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]È già stato definito il matrimonio bancario dell’anno. Quello che con l’atteso via libera entro fine anno delle rispettive assemblee dei soci sarà celebrato, con la fusione che darà vita alla nuova holding di controllo, il nuovo Banco Bpm, terzo gruppo creditizio italiano dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit, tra il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano (Bpm). Nozze che hanno avuto un lungo e non facile fidanzamento dovuto sia alle comprensibili resistenze interne in due storiche cooperative di credito (spinte alla trasformazione in spa come la decina di principali popolari italiane dalla riforma voluta dal governo Renzi) ma anche al burrascoso 2016 vissuto dalle banche italiane in Borsa sotto la pressione del tallone d’Achille delle sofferenze, che ha alimentato molta, troppa speculazione sui titoli bancari e infine dagli interventi della Bce sul fronte dei parametri di patrimonializzazione che hanno imposto al Banco un aumento di capitale da un miliardo, concluso con successo.Sgombrato il campo da (quasi) tutti gli ostacoli Banco e Bpm si preparano al matrimonio d’autunno. Ma un po’ per prudenza e, non dimenticando le sue origini napoletane, anche per un pizzico di scaramanzia, Giuseppe Castagna si sentirà sicuro di essere stato l’artefice, insieme con il numero uno del Banco Pier Francesco Saviotti con cui esiste un rapporto di stima e amicizia dai tempi della Comit, della nascita del Banco Bpm di cui sarà la guida operativa, soltanto entro fine anno. Quando, come detto, le assemblee dei soci dei due istituti approveranno la trasformazione in spa e l’integrazione. Anche se, confessa «dopo il primo via libera della Bce ho capito che eravamo sulla strada giusta». Un processo, quello del nuovo Banco Bpm, lunghissimo per l’iper regolamentazione delle Authority, cominciato a marzo e destinato a chiudersi (a giugno sono partiti i cantieri per delineare i percorsi tecnici dell’integrazione) a dicembre mentre «basta un giorno a Microsoft per acquistare Linkedin». Ma che in un momento difficile per i mercati e il sistema bancario si caratterizza come un “modello campione” da seguire anche nel mondo delle popolari.Che realtà sarà quella del Banco Bpm?«La terza banca italiana» risponde l’attuale ad della “Milano” «fondamentale non solo per il sistema bancario italiano ma anche per il Paese. La crisi ha dimostrato come per le banche piccole e regionali sia diventato più complicato di prima poter crescere ed espandersi. . Da due banche regionali nascerà una grande banca nazionale che in questi territori avrà una quota di mercato del 10,5% molto vicina all’11,5 di Unicredit e al 12,5% di Intesa Sanpaolo».Che vantaggi darà la fusione?«La somma di Bpm e Banco produrrà molta più redditività. Penso in particolare alle sinergie, un carburante importante per centrare i target del piano al 2019 in un contesto che anche nei prossimi anni vedrà tassi di interesse bassissimi se non addirittura negativi. La somma delle due banche permetterà di creare un importante terzo polo bancario alternativo alle due principali banche del Paese. E, come prevede il piano industriale preparato per la fusione, questa somma produrrà molta più redditività rispetto a quella che avrebbero potuto generare Banco e Bpm restando da sole».Avranno da guadagnare anche gli azionisti che in questi mesi hanno visto il tonfo dei titoli?«La flessione dei corsi azionari delle banche è sotto gli occhi di tutti. Ma se si guardano i numeri si scopre che, da inizio anno, quella di Bpm comunque è stata inferiore alla media dei suoi principali competitor ed in più oggi abbiamo un piano industriale credibile e competitivo che può dare soddisfazioni ai nostri azionisti. Per Banco invece ha influito l’aumento di capitale».Per la fusione sono già stati definiti i valori con il 54% del capitale al Banco e il 46% a Bpm.«La determinazione dei valori era un atto dovuto per presentare la proposta di integrazione. Per stabilire il concambio effettivo abbiamo dovuto attendere l’esito dell’aumento di capitale del Banco Popolare. E alla luce del risultato e del numero di azioni sul mercato post aumento è stato fissato in un’azione della nuova holding del gruppo per ogni titolo del Banco e sempre in un’azione della nuova holding per 6,386 azioni Bpm, in circolazione al momento dell’efficacia della fusione».Quindi sarà una fusione alla pari non come altre ipotesi di cui si era sentito parlare?«Noi sapevamo di essere piccoli e perseguivamo l’integrazione con una banca più grande. Ma abbiamo sempre salvaguardato la pari dignità. Con il Banco l’abbiamo ottenuta. Aggiungo anche che due anni fa in Borsa valevamo molto meno dei nostri maggiori competitor e oggi siamo quasi allineati, se non superiori. Questo percorso ci doveva essere riconosciuto».Il Banco Bpm non perderà il suo radicamento territoriale di popolare?«Il radicamento significa la vicinanza ai clienti e non quello di una governance condizionata da interessi locali. Che, come si è visto, e non solo nel mondo delle popolari, hanno prodotto più di un problema».Problemi ve li hanno creati anche i sindacati, da sempre il socio forte di Bpm?«Quando si cambia, sono normali le resistenze, soprattutto in fase iniziale. Nel mese di luglio, le segreterie sindacali nazionali hanno espresso pubblicamente il loro apprezzamento al progetto di fusione. Del resto il piano industriale, che prevede la chiusura di 340 filiali per le sovrapposizioni che si creeranno tra gli sportelli delle due banche in aree sovrapposte a distanza di meno di 500 metri, limita a 2600 su un totale di 25 mila le persone considerate in più: 1800 avranno una possibilità di uscita con pensionamenti volontari mentre le altre 800 saranno formate per essere ricollocate in altre aree di business, compresa la nuova business unit chiamata a dedicarsi al recupero degli Npl, i Non perfoming loans».Lei quindi scommette sul Banco Bpm?«Nello scorso mese di maggio ho investito in titoli Bpm, e altrettanto ha fatto Saviotti nell’aumento di capitale del Banco. Ma la faccia la metto soprattutto andando costantemente dagli investitori a spiegare come questa rappresenti una grande opportunità».Il matrimonio dell’anno tra Bpm e Banco avviene in un 2016 pesante per il sistema creditizio italiano. Ma le nostre banche sono davvero messe così male?«Sono convinto che, in un modo o nell’altro, sapremo uscire da questa crisi che ha il suo epicentro nel problema delle sofferenze. Le banche italiane non erano preparate ad affrontare un tale ammontare di Npl con le vecchie strutture di recupero essenzialmente composte da legali abituati al recupero civilistico. Oggi il sistema si sta attrezzando per affrontare in modo nuovo questo problema e le misure prese dal governo, e le altre che dovrebbero arrivare, dovrebbero favorire e accelerare il ridimensionamento delle sofferenze favorendo anche le procedure extragiudiziali per accorciare i lunghissimi tempi della giustizia nel far valere le garanzie reali dietro ai crediti incagliati, pensi solo ai beni immobiliari».Le autorità di vigilanza, a cominciare dalla Bce, dovrebbero però essere un po’ meno rigidi…«L’irrigidimento della Ue ha impedito, mi riferisco alle quattro banche salvate per decreto e alle conseguenze che questo intervento ha prodotto sul sistema, sui risparmiatori e sul mercato, di fare salvataggi vecchio stile.E si è stati costretti ad attuare interventi più costosi e che hanno dato ai mercati l’idea che le banche italiane erano a rischio.Per questo è importante che il tema delle sofferenze non venga affrontato con la fretta che imporrebbe alle banche di svendere gli Npl svalutati al 17,5% secondo quanto oggi è disposto a pagare il mercato, ma con calma e con un po’ di tempo a disposizione, si attuino, sia all’interno delle banche sia con le nuove normative, tutti gli interventi necessari per aggredire il problema ricreando un clima di fiducia attorno al sistema bancario, fondamentale perché possa tornare a crescere»[/auth]
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