Per gli istituti di credito, dice il presidente dell’Abi, la sfida principale è recuperare redditività: sono infiniti gli sforzi di riduzione dei costi, di miglioramento nella gestione dei rischi e di ottimizzazione delle dotazioni di capitale. Ma sono anche ingenti gli investimenti per l’innovazione, la sicurezza, la semplificazione dei processi. Ora le nuove decisioni del Comitato di Basilea devono favorire la stabilità e non complicare la ripresa
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Non servono troppe regole, anzi. È questa l’opinione espressa da Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, in un mondo dove invece il dirigismo burocratico sembra aver preso il sopravvento. «Basta pensare», dice, «che nel 2016, per il solo mondo finanziario e assicurativo sono state emanate addirittura 1.247 provvedimenti. Circa cinque per ogni giorno lavorativo».
Però le crisi bancarie hanno minacciato la stabilità dell’intero sistema economico italiano. Un giro di vite era indispensabile non crede?
Le banche stanno facendo ingenti investimenti per l’innovazione, la sicurezza, la semplificazione dei processi e, quindi, della vita di ciascuno di noi. Le priorità sono sotto gli occhi di tutti: dematerializzazione, pagamenti in mobilità, integrazione competitiva fra canali. Più qualità, più velocità, più possibilità di scelta sono risultati tangibili di innovazioni raggiunte dalle banche in Italia. Tenendo sempre ben presente che persone e cultura saranno determinanti. Le macchine che debbono essere guidate dall’intelligenza umana e dalle regole, anche con continue riqualificazioni professionali. Gli algoritmi debbono essere guidati dalle persone e non schiacciarle.
Resta il fatto che il governo ha dovuto mettere sul piatto 20 miliardi per salvare le banche italiane. È immaginabile che i contribuenti ne avrebbero fatto volentieri a meno, non trova?
Per voltare definitivamente pagina con la crisi occorre fare piena luce su tutti gli aspetti meritevoli di inchieste. L’Abi non è una corporazione, ma un’associazione privata che non può avere strumenti di controllo sugli associati, né notizie privilegiate e riservate di vigilanza. Esprimo la massima indignazione per diversi elementi emersi sulle banche che sono andate in crisi. Ora attendiamo i processi. Più trasparenza sulle crisi bancarie è anche premessa per un maggiore clima di fiducia. Abbiamo grande rispetto per la magistratura e per la commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie. L’etica, l’intransigenza morale, l’impegno per l’applicazione precisa di tutte le normative sono precondizioni delle attività bancarie che sono tutte tracciate.
Resta il fatto che i recenti scandali non hanno certo migliorato il livello di popolarità del sistema bancario…
Parleranno le sentenze. Debbono essere tempestivamente accertati e perseguiti tutti i responsabili delle crisi bancarie, senza «caccia alle streghe». Vorrei anche aggiungere che nonostante il peso dei crediti deteriorati, le attività innovative e la forte concorrenza, le banche in Italia realizzano tassi medi sui prestiti assai vantaggiosi per le famiglie e le imprese: a maggio 2017, secondo dati Bce, il tasso medio nell’area euro, sui prestiti inferiori al milione di euro, è stato del 2,19%. In Italia del 2,13%. Per quelli superiori al un milione il tasso medio in Italia è stato dell’1,14%, migliore dell’1,31%, media dell’area euro.
A proposito di imprese: lei aveva chiesto che le banche salvate con l’intervento dello Stato pubblicassero l’elenco delle maggiori insolvenze. Com’è finita?
Il Parlamento ha deciso altrimenti. I rapporti quadrimestrali del ministero dell’Economia disposti dal decreto «Salvarisparmio» votato nel febbraio 2017 favoriranno la trasparenza delle analisi bancarie.
Però di queste relazioni finora nemmeno l’ombra…
C’è una disposizione di legge. Siamo certi che verrà osservata. Tanto più che alla base di tutte le innovazioni è indispensabile più trasparenza per la chiara definizione delle regole, dei rischi e della comunicazione; più responsabilità e più coerenza fra le norme emanate dalle diverse autorità; più proporzionalità fra norme imposte e benefici attesi, e per le diverse dimensioni dei soggetti giuridici che debbono applicarle.
Quali sono le nuove regole cui guardate con maggiore attenzione?
Stiamo guardando alle nuove decisioni del Comitato di Basilea, a cominciare da quelle prudenziali sui titoli di Stato. Devono favorire la stabilità e non complicare la ripresa, evitando, come previsto dal mandato del G20, generalizzati incrementi nei requisiti patrimoniali delle banche.
Le regole di Basilea debbono essere identiche per le due sponde dell’Atlantico e applicate in modo coerente per prevenire scompensi e conflitti.
Le nuove regole di Basilea serviranno soprattutto alla stabilizzazione del sistema?
Per le banche la sfida principale è recuperare redditività per favorire lo sviluppo e il prudenziale ciclo degli accantonamenti e dei dividendi: sono infiniti gli sforzi di riduzione dei costi, di miglioramento nella gestione dei rischi e di ottimizzazione delle dotazioni di capitale.
Dall’inizio della crisi, ha rilevato il governatore della Banca d’Italia, le banche italiane hanno quasi raddoppiato i coefficienti relativi al patrimonio di migliore qualità e continuano ad accrescerli. Occorre stabilizzare le norme europee e internazionali sui requisiti di capitale per dare certezza ai mercati, alle banche e a tutte le imprese, per favorire la ripresa e dare attuazione, con saggezza e proporzionalità, a quelle già adottate.
Lei ha espresso molte riserve sul bail-in l’anno scorso. È sempre della stessa idea?
Le critiche giuridiche a queste regole debbono essere colte, non trattandosi delle tavole di Mosè, né di norme costituzionali.
E quindi?
Bisogna esaminare criticamente Unione bancaria a quasi tre anni dalla nascita. La riflessione servirà a correggere i processi decisionali europei non sempre comprensibili. Ma anche le inammissibili e incostituzionali retroattività, le scelte estreme, le forzature come le svalutazioni imposte alle quattro banche oggetto di risoluzione, come se avessero dovuto liquidare (cioè svendere) immediatamente i loro crediti deteriorati. Le nuove «linee guida» della Bce sui crediti deteriorati rappresentano più lungimiranti strategie che devono essere utilizzate anche per le banche in difficoltà, tenendo comunque presente la realtà delle strutture produttive e commerciali italiane.
È una critica agli stress test?
Gli esami devono prevenire e non creare o accentuare le crisi bancarie. Dopo la privatizzazione delle banche pubbliche, in Italia le crisi sono state affrontate sotto la guida della Banca d’Italia, senza infliggere traumi ai risparmiatori e alle banche concorrenti. Invece le regole dell’Unione bancaria hanno portato traumi e costi eccessivi.
In concreto che cosa significa?
Significa che la verifica in sede europea di queste normative deve correggerle per evitare che le risoluzioni aggravino i problemi, scarichino oneri su risparmiatori e su banche concorrenti, alterando anche la concorrenza, distruggano valore e fiducia.
Però il livello delle sofferenze stenta a diminuire…
Come ha autorevolmente affermato la Banca d’Italia la soluzione dei crediti deteriorati richiede tempo. Il governatore Visco ha spiegato correttamente che le sofferenze vere sono quelle nette, aggiungendo che a fine 2016 erano scese a 81 miliardi. Ad assisterle garanzie reali per oltre 90 miliardi e personali per quasi 40. Le sofferenze nette sono ulteriormente scese sotto i 77 miliardi, mentre è in atto nelle banche un grande lavoro per ridurle ancora anche in tempi brevi.
Che cosa serve per il futuro?
È innanzitutto indispensabile una forte ripresa di etica fra tutti gli operatori economici in modo che la restituzione dei prestiti, nei modi e nei tempi liberamente contratti e dovuti, sia non solo un obbligo giuridico, ma innanzitutto un dovere morale.
E dal punto di vista pratico?
Fra le riforme da completare sono prioritarie quelle sui tempi della giustizia civile, baluardo per i doveri e i diritti degli onesti, che sono un indicatore decisivo per attrarre capitali. Significativi passi avanti sono stati realizzati negli ultimissimi anni e potranno essere sviluppati quando il Senato, prima della fine della legislatura, avrà approvato i disegni di legge delega, licenziati dalla Camera, per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza e per l’efficienza del processo civile.
A che punto è la ristrutturazione del sistema bancario?
Nel solo 2016 gli sportelli si sono ridotti della cifra record di 1.231 e stanno calando ulteriormente e rapidamente. L’Italia aveva, sei mesi fa, uno sportello bancario ogni 2.041 abitanti, una cifra intermedia fra i principali Paesi della Ue. Le economie di scala sono sviluppate nelle più diverse forme, compresa l’esternalizzazione di servizi e di produzioni. Il mondo bancario italiano è il più aperto d’Europa agli investitori internazionali
Che previsioni si sente di fare?
Le riforme e le aggregazioni in Italia porteranno, a inizio 2018, a un numero molto basso, in assoluto e rispetto alle medie europee, di circa 115 gruppi bancari e banche singole indipendenti, oltre alle succursali di banche estere. Attenzione, però, a non estremizzare: non deve essere compressa l’indispensabile concorrenza nei mercati locali in un contesto dove il 95% delle imprese ha meno di dieci dipendenti. Le aggregazioni potranno servire per prevenire altre eventuali crisi bancarie
Ci fa un pronostico per l’anno prossimo?
Dopo le elezioni presidenziali in Francia avvertiamo un’aria nuova e più costruttiva. Sia a livello politico generale sia per quanto riguarda l’attività bancaria. Sui crediti deteriorati vi sono meno dogmi e linee guida più pragmatiche. Si discute apertamente di bad bank anche europea. C’è più ragionevolezza nel riconoscere le complessità di regole uguali per tutti in presenza di Costituzioni diverse. A livello nazionale hanno la prevalenza in attesa di una esplicita, certa e chiara Costituzione europea che garantisca più certezza del diritto. Una gerarchia complessiva delle fonti del diritto fra Unione europea e Stati nazionali, per garantire unità e pluralismo.
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