Maggiore trasparenza e personalizzazione dell’offerta. Ma anche più costi e pressione al ribasso dei margini. Con la conseguenza che solo gli operatori più organizzati ed efficienti riusciranno ad affermarsi sul mercato. Che andrà incontro a un’ulteriore concentrazione
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]La partita della Mifid 2 si gioca su chi pagherà l’aumento dei costi per gli asset manager: saranno assorbiti internamente o scaricati sui clienti investitori? Manca poco all’entrata a regime della direttiva Mifid 2 (Markets in financial instruments regulation) che, da gennaio 2018, rivoluzionerà il mondo della consulenza finanziaria a livello europeo, e vige ancora un clima di incertezza: nonostante la proroga di un anno, pochi operatori sembrano pronti e i consulenti non ancora formati sui prodotti finanziari che, con tutta probabilità, verranno favoriti dalle nuove regole.
Quel che pare certo, a livello previsionale, è che da un lato la trasparenza dei costi nei confronti dei clienti porterà a un aumento della qualità delle prestazioni dei consulenti. Dall’altro, a una pressione al ribasso dei margini. Allo stesso tempo, però, gli asset manager dovranno sostenere nuovi costi: ricerca, adeguamenti informatici, formazione dei consulenti e così via. Risultato: a pagare potrebbero essere proprio i clienti, anche se gli operatori per il momento smentiscono o prendono tempo. In generale, saranno meno le criticità per gli operatori meglio organizzati, mentre chi è rimasto indietro puntando solo su aspetti relazionali, ma senza un’adeguata infrastruttura informatica, innovazione e competitività nei prodotti, rischia di pagare dazio. In ogni caso, a essere svantaggiati dalle nuove regole sono gli intermediari più piccoli, che faranno più fatica a supportare l’incremento dei costi, con la possibile conseguenza di una maggiore concentrazione sul mercato. È il quadro che emerge, in sintesi, dalla ricognizione effettuata da Asset Management sugli effetti della Mifid 2 sul mondo della consulenza finanziaria.
Per Massimo Scolari, presidente Ascosim, l’Associazione delle società di consulenza finanziaria, «ci sarà un maggiore volume di attività da parte dei consulenti verso i clienti, spinto dalla necessità di contrapporsi alla trasparenza dei costi, che farà emergere cosa e quanto paga il cliente. I servizi saranno quindi di maggiore qualità ma allo stesso tempo la trasparenza porterà a una pressione al ribasso sui margini. Gli asset manager, in sostanza, dovranno ridurre le commissioni per motivi di competizione e trasparenza. Per i consulenti, questo porterà alla necessità di aumentare il numero di clienti o di concentrarsi su quelli di maggiore dimensione. In generale, l’erosione dei margini avrà ripercussioni su tutta l’industria e l’effetto sarà il tentativo di andare a cercare nuovi clienti per conquistare nuove fette di mercato nel private banking».
Per quanto riguarda gli asset, continua Scolari, «l’impatto maggiore deriverà dai costi di ricerca. I gestori dovranno decidere se ribaltarli o meno sui clienti. Quel che è certo è che avranno un impatto diretto sui profitti delle società, che dovranno selezionare la tipologia di ricerca da acquistare e a quale prezzo. Nuovi oneri deriveranno anche dagli adeguamenti informatici. Gli asset manager hanno l’obbligo di comunicare ai distributori l’identificazione del target market dei prodotti e ogni distributore che lo riceve deve a sua volta effettuare un’analisi. C’è tutto un lavoro di messa a punto della comunicazione tra produttori e distributori sul rispetto del target market di ogni singolo prodotto. Una seconda area di costi operativa è rappresentata dall’informativa sui costi verso i clienti. La rendicontazione dei costi totali per cliente e per singolo prodotto e servizio implica infatti uno sforzo organizzativo di dati e software che attualmente gli intermediari non possono sostenere. Alcuni fornitori di software stanno proponendo soluzioni che saranno costose per gli intermediari ma ineludibili».
Un’altra area di costo, sottolinea il presidente Ascosim, «è rappresentata dalla formazione dei consulenti. Dalle nuove regole emerge la necessità di riqualificare il personale con corsi di formazione e certificazione. In generale, fare una valutazione complessiva degli impatti della Mifid 2 al momento non è possibile perché ogni intermediario si trova in situazioni più o meno avanzate e con diverse priorità. Non tutti saranno pronti allo stesso momento e ciò può anche portare a un ribaltamento dei costi sul cliente».
Banca Generali, la scorsa estate a Londra, ha rivisto le proprie stime al rialzo con l’entrata in vigore della Mifid 2, segnalando l’opportunità che intravede dal vantaggio competitivo del proprio modello di business nell’affrontare la normativa. «Le nuove regole rafforzano il concetto di qualità e trasparenza nel servizio alla clientela», dice Andrea Ragaini, il vicedirettore generale, «gli operatori meglio organizzati che già si erano mossi in questa direzione non avranno problemi a rispondere in modo esaustivo alle dinamiche del mercato, mentre chi era rimasto indietro puntando solo su aspetti relazionali ma senza un’adeguata infrastruttura informatica, e innovazione e competitività nei prodotti, rischia di trovarsi a dover rincorrere. Gli elementi di cambiamento, come le indicazioni dei costi dei prodotti, la flessibilità nel modello di prezzo della consulenza, la profilazione e l’informativa al cliente, sono alcuni dei nuovi paradigmi che porteranno sicuramente nuovi equilibri al settore e a cui noi abbiamo cercato di guardare cogliendovi spunti per nuove opportunità. La qualità è al centro dell’esplicitazione richiesta dal servizio, continua Ragaini, «certamente gli impegni sul servizio, nell’informativa, controllo e profilazione della clientela, compliance, richiedono strumenti tecnologici e soluzioni in grado di agevolare la vita del consulente, rispondendo al meglio ai crescenti bisogni dei clienti. In quest’ottica è chiaro che le economie di scala contano così come il supporto che una realtà sa fornire a tutte queste criticità. Continuiamo a credere che ci sia del valore nella consulenza non indipendente, che può contare sulla forza di una struttura alle spalle. Sul modello di consulenza poi nel nostro caso la palla passa al cliente, che può scegliere se avvicinarsi ai servizi evoluti con una formula fee on top o di fee only laddove ricerchi solo particolari soluzioni mirate».
Riguardo le ripercussioni che la Mifid 2 avrà sui risparmiatori, secondo Ragaini «le voci interessate sono diverse. La suitability, ovvero la profilazione del cliente, richiama a controlli più stretti ai rischi per i risparmiatori e per i loro portafogli. Per la product governance, ovvero il target degli asset manager di prodotti sul profilo del cliente, implica maggiore attenzione nella creazione di strumenti che tengano conto degli utenti finali. L’ambito della trasparenza potrebbe portare a potenziali tensioni sui margini ma crediamo che il valore della consulenza resti intatto nella protezione dai rischi che viene percepito dalle famiglie a dispetto del tema dei costi. Infine, un ultimo punto strettamente correlato ai precedenti riguarda la tecnologia che diventerà sempre più importante non solo nell’evoluzione del mercato ma anche nelle risposte alle necessità normative. Per i risparmiatori in sintesi diventerà molto più chiaro cogliere il valore del servizio e il contributo di un professionista in grado di orientarlo nei meandri delle sfide legate ai propri progetti di vita. In Banca Generali, sottolinea il vicedirettore generale, «abbiamo giocato d’anticipo, preparandoci all’arrivo di Mifid 2 con un nuovo modello di business già pronto per raccogliere le nuove sfide. I nostri professionisti sono già oggi “Mifid 2 compliant” perché in grado di offrire nella normale consulenza un supporto di qualità nell’analisti del rischio, l’asset allocation e la diversificazione dei portafogli. A questo servizio abbiamo poi aggiunto un nuovo contratto di consulenza evoluta innovativo che offre non solo nuove opportunità nelle soluzioni di wealth management, ma anche nella selezione del pricing dello stesso. Il modello può contare su soluzioni esclusive frutto di partnership e tecnologie ad hoc per l’analisi del patrimonio non solo finanziario ma anche immobiliare, di impresa, e per le dinamiche successorie e pianificazione familiare, e si presenta con una forma flessibile di prezzo così da sposarsi con le esigenze della clientela. Tutte queste novità le abbiamo presentate per primi alla comunità finanziaria internazionale lo scorso luglio a Londra, organizzando un vero e proprio “Mifid day” che ha ricevuto apprezzamento da investitori e analisti. Dopo dieci anni in cui abbiamo sovraperformato il mercato, crediamo che la forza della nostra rete, l’approccio esclusivo dei nostri servizi di wealth management e il focus sul digital, siano le caratteristiche giuste per servire al meglio la clientela garantendoci un futuro da protagonisti nel settore».
Anche per Carlo Giausa, direttore investimenti e private banking di Fineco, «Mifid 2 rappresenta un’importante opportunità per l’industria della consulenza finanziaria e del private banking perché, prevedendo standard molto più rigorosi in tema di trasparenza, faciliterà la costruzione di un rapporto di fiducia tra consulente e cliente. Questo è particolarmente vero proprio per la clientela in soglia private, da sempre più attenta alla trasparenza nei costi dei servizi e nelle politiche di remunerazione. Si tratta per il nostro settore di una rivoluzione anche culturale, soprattutto nel rapporto con la clientela. Quest’ultima infatti chiederà sempre di più un servizio di consulenza finanziaria, e non un puro servizio di collocamento di prodotti. La normativa», continua Giausa, «premierà quindi quelle realtà che hanno saputo muoversi in anticipo e creare modelli in grado di fornire non solo un servizio di qualità, ma anche di costruire una relazione di fiducia di lungo periodo con il cliente. Fineco si è mossa da tempo in questa direzione, introducendo già nel 2008 un servizio di consulenza a parcella, FinecoAdvice, che incontra un crescente apprezzamento da parte della clientela private. FinecoAdvice si fonda su una piattaforma ad architettura aperta con un’ampia e diversificata offerta di strumenti finanziari, una reportistica per il cliente completa e di semplice fruizione e, soprattutto, una politica di remunerazione chiara e trasparente, con la restituzione di eventuali commissioni implicite. Questo approccio alla consulenza ha eliminato i conflitti di interesse tra cliente e consulente, e sta contribuendo a consolidare il rapporto di fiducia, presupposto fondamentale nella relazione di lungo periodo con la clientela».
A parere di Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di J.P. Morgan Asset Management, «gli effetti della Mifid 2 si spiegheranno solo nel corso del 2018 e lo scenario sarà meglio definito. In generale l’introduzione della normativa porta con sé una serie di interessanti novità che, per esempio, renderanno per le società prodotto più attenta e controllata l’attività di costruzione dei nuovi prodotti. Le case prodotto dovranno creare soluzioni che rispondano meglio alle esigenze degli investitori. Abbiamo già completato la classificazione di tutti i nostri prodotti», continua Alfieri, «definendo per ognuno di loro il target market di riferimento e abbiamo approntato tutta la documentazione da inviare ai distributori. Inoltre, già negli anni scorsi, J.P. Morgan Am aveva avviato un percorso di razionalizzazione dell’offerta, andando ad esempio a eliminare fondi con dimensioni troppo piccole, o che non erano più interessanti per la nostra clientela. Inoltre, abbiamo operato anche fusioni tra comparti che presentavano caratteristiche troppo simili e abbiamo ridotto sensibilmente i costi amministrativi». Riguardo le ripercussioni della Mifid 2
sui risparmiatori, secondo Alfieri, «la normativa nasce con lo scopo di aumentare i presidi a protezione degli investitori, ad esempio portando con sé un maggior livello di trasparenza sulle strategie all’interno dei prodotti, sui rischi del prodotto stesso e sui costi. I risparmiatori dovranno compilare e sottoscrivere dei questionari quanto più oggettivi possibili che aiuteranno i consulenti a individuare gli effettivi obiettivi di investimento al fine di evitare di incorrere in perdite inaspettate. L’industria vive già da tempo un elevato livello di competitività che ha portato a una compressione dei costi e non crediamo che con la Mifid 2 ci saranno sensibili ulteriori cambiamenti».
Per Emanuele Bellingeri, responsabile per l’Italia di iShares (BlackRock), la Mifid 2 porterà sicuramente dei cambiamenti importanti, anche se in Italia il passaggio più graduale verso nuove forme di servizi di consulenza e di gestione potrebbe richiedere più tempo. «In termini fattuali, Mifid 2 porterà una maggiore consapevolezza agli investitori in termini di costi, trasparenza ed efficienza delle soluzioni di investimento. In questo contesto, prevediamo una profonda revisione delle scelte nel mondo del wealth management in merito ai prodotti. Il nuovo scenario favorirà la conoscenza e l’adozione di investimenti passivi anche all’interno di gestioni patrimoniali, di polizze unit linked o di certificati con l’obiettivo di abbattere il costo dei prodotti sottostanti e preservando il margine del distributore. Oltre alle forme tradizionali di utilizzo all’interno di prodotti di asset allocation già citati», continua Bellingeri, «riteniamo che anche in ambito consulenziale gli Etf possano svolgere un ruolo progressivamente crescente. Osserviamo che diversi distributori hanno scelto di operare in modalità non indipendente e al tempo stesso di introdurre un modello a parcella da affiancare a quello corrente. In questi casi sarà neutrale per il consulente consigliare titoli, fondi comuni o Etf esattamente come succede all’interno delle gestioni patrimoniali. Per far fronte a questo contesto, stiamo preparando un piano ambizioso di formazione integrata a beneficio dei consulenti che si espliciterà tramite supporti cartacei e di formazione in aula su tutto il territorio nazionale».
Riguardo le ripercussioni della normativa sui risparmiatori e i costi che potrebbero subire incrementi, secondo Bellingeri, «la Mifid 2 farà emergere in maniera più chiara i costi applicati agli investitori che adotteranno un approccio un po’ diverso rispetto al passato in merito all’offerta di servizi finanziari loro proposti. Il concetto chiave è quello del value for money. Ogni prodotto o servizio dovrà presentare costi proporzionati al proprio valore. Dal mio punto di vista la grande differenza rispetto al passato sarà quella di valutare i costi ex-ante e non affidarsi alla aleatorietà dei rendimenti. Mi spiego meglio: fino a oggi il cliente discuteva col proprio intermediario le performance dei propri investimenti e solo in parte, soprattutto in presenza di mercati negativi, i costi associati agli stessi. D’ora in avanti si discuteranno prima i costi e le aspettative di rendimento e alla chiusura del periodo si valuterà se erano giustificati o meno. Sicuramente una bella sfida per case prodotto e intermediari. Da anni», conclude Bellingeri, «supportiamo la consulenza indipendente quale modello alternativo e complementare alla distribuzione dei prodotti Etf e fee only, due temi strettamente collegati. Il modello della consulenza a parcella sta avendo una grandissima crescita in diversi parti del mondo, come nel Regno Unito e anche a livello europeo. Il trend sicuramente è ben radicato e in accelerazione. In Italia il modello basato sulle retrocessioni è più radicato, quindi prevediamo nel breve termine che la crescita del fee only andrà ad affiancare il modello tradizionale. Molte banche private hanno, per esempio, già annunciato il lancio di un modello di consulenza a parcella».
Secondo Luca Mainò, co-fondatore di Consultique e membro del consiglio direttivo di Nafop, «già oggi sta crescendo la visibilità della consulenza indipendente e sono sempre di più le persone che vogliono diventare clienti informati. Gli ex-promotori e i private banker che oggi lavorano come agenti o dipendenti di realtà bancarie o intermediari finanziari, potranno decidere se continuare a essere remunerati dall’intermediario oppure se liberarsi e aprire uno studio/società di consulenza indipendente, lavorando solo per i propri clienti ed esclusivamente a parcella, iscrivendosi all’albo nelle nuove sezioni dei consulenti autonomi e delle società di consulenza finanziaria Scf. Sarà semplice scegliere di passare alla consulenza pura: basterà avere due anni di attività negli ultimi tre. Sarà naturalmente possibile fatturare al cliente i propri servizi di consulenza. Per chi non ha un’esperienza nel settore, bisognerà invece superare l’esame dell’Ocf».
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