Largo alla creatività per l'auto del domani

Uno skateboard con una batteria al centro, un sistema di trazione anteriore o posteriore e quattro gomme agli angoli: così descrive le vetture del futuro il responsabile stile del colosso di Wolfsburg. Cosa che restituisce ai creativi un rinnovato senso di libertà, perché non ci saranno restrizioni nell’uso dello spazio. E cambieranno anche le strade: più varie e colorate
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Dietro la silhouette di un’auto c’è il pensiero di un uomo. Di un designer che prefigura linee e forme ancora inesplorate. Dal primo gennaio 2016 a sovrintendere tutte le attività stilistico-progettuali dei 12 marchi del gruppo Volkswagen c’è Michael Mauer.
Tedesco, 55 anni, Mauer ha un passato da enfant prodige del design per auto. «Mio padre fu molto acuto nell’analizzarmi. Capì il mio amore per le auto e l’interesse per l’arte. Arrivò alla conclusione che solo una professione avrebbe potuto combinare entrambe le passioni, ed è quella che ho poi esercitato». Predilezioni cui si aggiunge l’attitudine alla velocità. In alternativa al mestiere che esercita, infatti, Mauer avrebbe fatto il pilota o lo sciatore professionista. C’è poi la sotterranea passione per l’architettura, «capita che mi ritrovi a disegnare la casa dei sogni», confessa. Una cosa è certa: se c’è un capriccio o stravaganza che si concede è «collezionare sci».
Mauer è entrato nel mondo dei motori subito. Nel 1986 era già in Mercedes, nel 2000 alla Saab, quindi, proprio come Matthias Müller, ceo del colosso di Wolfsburg,  in Porsche, dove lavora dal 2004 e dove continuerà a ricoprire l’incarico di responsabile del centro stile. Dalla sua mente sono usciti Porsche Cayenne 2007, Panamera, la 918 Spyder e 911. Curiosità: la sua auto vintage preferita è italiana, la Lancia Stratos, «comparandola alle coetanee, ti rendi conto di quanto anticipasse i tempi». Un oggetto dalle linee pulite, apprezzato da Mauer che predilige, appunto, «i prodotti puri e minimal, attenti all’estetica». Per questo è un grande fan di «tutte le sedie Eames».
Mauer opera in una compagnia la cui crescita non è stata frenata dai costi legati al diselgate, tanto che nel terzo trimestre Volkswagen ha realizzato ricavi in crescita del 5,8% e profitti operativi in aumento del 15,1%. La casa bavarese stima che per il 2017 si toccheranno i 254 miliardi di fatturato superando così i 217 del 2016. Ora si lotta per la conquista della leadership, superato il gruppo Toyota, la lotta è con il triumvirato Renault-Nissan-Mitsubishi, in vetta per vendite globali. E la partita si gioca in area 4.0. La sfida è il futuro, il che vuol dire auto elettrica, autonoma, o comunque profondamente high tech, in sintonia con una mobilità sempre più sostenibile. Mai come oggi l’identità di un brand e il design sono fattori determinanti.
«I designer giocano un ruolo chiave nell’azienda. Sono gli esperti di maggior rilievo. Ci muoviamo in un’area dove entra in gioco l’empatia e la sfera delle emozioni. È a noi che spetta intuire e identificare le richieste del domani», spiega.
Johann Jungwirth, chief digital officer di Volkswagen, un passato in Apple e un presente come direttore delle strategie digitali, ritiene che il gruppo sia pronto a smettere i panni del puro produttore di automobili trasformandosi in un fornitore integrato di hardware, software e servizi di mobilità digitali. Che altro aggiungere? «Che il design sarà determinante, sarà il fattore che deciderà quali auto e brand sopravvivranno», dice Mauer. Futuro, del resto, è la parola chiave, tanto che alla domanda se potesse avere la possibilità di attribuirsi un’abilità quale sarebbe, Mauer risponde sicuro: «Quella di predire il futuro». Non per nulla se potesse cambiare un tratto della personalità sarebbe quel suo «essere impaziente», ma è il tipico aspetto di chi ha la testa nel domani.
Il colosso tedesco ha messo in campo una rete di centri di design, di design avanzato e ben tre future centre, laboratori multidisciplinari che sono veri e propri regni di sperimentazione dove si innova capitalizzando gli esiti delle nuove tecnologie. «Assieme possono contribuire a rispondere ai singoli desideri e diversi stili di vita dei consumatori. Designer e specialisti digitali lavorano gomito a gomito condividendo idee e progetti, la priorità assoluta sono le esigenze dell’utente. Questi centri offrono l’opportunità di ripensare radicalmente l’auto e sviluppare un nuovo concetto di mobilità. Riconosco e mi godo il privilegio di non essere esposto quotidianamente alla pressione di produrre nuovi modelli. Opero in un contesto dove posso dar corpo a nuove idee».
Il consumatore è dunque la priorità assoluta, il ripensamento delle auto parte proprio dal volerne soddisfare le richieste. «Per questo, alle persone che visitano il nostro future centre di Potsdam poniamo una serie di domande su come intendono la mobilità, che esigenze hanno, come possiamo soddisfarle. Ogni forma di sviluppo parte dal voler dare una risposta a dei bisogni, per questo il feedback dei visitatori è determinante».
I tre centri interdisciplinari di ultima generazione sono dislocati nel globo, uno per continente: in Europa, Cina e Stati Uniti. «In California attingiamo idee di rilievo dalla Silicon Valley. Il future centre di Pechino sviluppa il concept design per il mercato asiatico. A Potsdam ci si focalizza sulla mobilità in Europa». Una triangolazione che presuppone un dialogo stretto: «Le squadre di lavoro dei tre centri sono in contatto costante e apprendono vicendevolmente le une dalle altre. Un’osmosi di grande aiuto per noi».
I motori a propulsione elettrica spalancano un universo nuovo e stimolante per i designer: l’anello di congiunzione fra estetica e ingegneria pura. Ma come sarà la mobilità del domani? Che silhouette aspettarci dalle auto del futuro? «Il mondo dell’automotive vedrà cambiare il design in modo decisamente più impattante di quanto abbiamo visto fino a oggi. Dopotutto, alla fine che cosa è un’auto elettrica se non uno skateboard con una batteria al centro, un sistema di trazione anteriore o posteriore, e quattro gomme agli angoli. Questo offre a noi designer nuove opportunità creative, un rinnovato senso di libertà. Non ci saranno restrizioni nell’uso dello spazio, e vi saranno variazioni anche nella fisionomia delle strade: più varie, colorate e pure emozionanti. Oggi gli interni di un’auto sono disegnati su misura del conducente, nei veicoli del futuro la priorità sarà il passeggero. Nell’abitacolo ci sarà più spazio, con la guida autonoma non ci saranno poi pericoli di guida».
A margine sorge un interrogativo. Per chi come Mauer spende l’intera vita a dare forma ad auto, quando è bloccato nel traffico, l’occhio dove cade? «Quando osservo un’auto», spiega, «non riesco a non esprimere un’opinione sullo stile del veicolo che ho di fronte, sulle proporzioni, però sono più intrigato dallo stile degli accessori».
Ormai Mauer è attivo nel mondo delle auto da 30 anni. Un mondo per sua stessa natura in continua metamorfosi, ma che ora sta conoscendo un passaggio epocale. «La tecnologia delle auto ha limitato parecchio noi designer. Penso anzitutto alla presenza di un motore termico, di quel blocco di metallo collocato davanti, o dietro, comunque sia un elemento di cui tener conto. Ora possiamo ripensare il concetto di auto» Il Gruppo tedesco ha presentato al Salone di Ginevra 2017  la concept Sedric (acronimo di self driving car), prototipo a propulsione elettrica e guida autonoma di livello 5, partorita nel future centre di Potsdam. Le batterie sono collocate tra gli assi, il motore elettrico è ribassato, non c’è volante, plancia e pedali. Ne risulta un abitacolo spazioso.
La chicca: un assistente a comando vocale che si occupa della guida e del parcheggio. Alla domanda quale sia il progetto o invenzione di cui vada particolarmente fiero, Mauer risponde immediatamente: «Le due Porsche 918 e Mission-E e la Sedric concept car. Progetti concepiti su stimolo di un design attraente, che hanno avviato un trend o comunque hanno influito in modo strategico».
Il pensiero di Mauer va sempre e inevitabilmente al grande amore (dopo la moglie, spiega): Porsche. E di fatto, il suo ufficio è rimasto a Weissach, quartier generale di Porsche. «Il ruolo di chief designer del gruppo Volkswagen richiede che sia anzitutto responsabile dei progressi dei brand in tema di strategie, del posizionamento e differenziazione dei marchi. Non conta dove è posizionato l’ufficio». L’agenda è così ripartita: due o tre giorni sono dedicati al gruppo, il resto della settimana la testa è su Porsche. Viaggi in aereo limitati a uno per settimana, perché «faccio largo uso della telecomunicazione e video link». Passando dal timone di uno alla supervisione di ben 12 brand, passaggio festeggiato «con vino rosso italiano», aumenta la mole di lavoro, tuttavia «lavorare per l’intero gruppo ha il vantaggio che possiamo affrontare il design di un’auto con maggiore libertà, viceversa i singoli marchi richiedono una maggiore concentrazione sulle singole identità. Noi ci prefiggiamo di assumere il ruolo di coraggiosi pionieri».
Sulla scrivania di Mauer passano 200 progetti l’anno, praticamente quattro a settimana. «Discuto dei percorsi strategici dei vari brand con i direttori designer, quindi esercito un’influenza sulla direzione assunta dai vari brand, ma sono il singolo marchio e direttore del design i veri responsabili».
Quali dei dodici marchi sotto la cupola Volkswagen risultano i più ricettivi ai cambiamenti d’oggi? «Ogni marchio sta lavorando sulle richieste della mobilità del futuro, dunque mobilità elettrica, guida autonoma e mobility service. Cerchiamo di unire le forze per essere competitivi e agili».
Mauer lega gran parte della sua vita professionale alla Porsche, marchio sinonimo di lussuosa ed esclusiva sportività. Perché c’è un suono, un’eccellenza tecnica, una forma che identifica questo marchio; si aggiunga una risposta emotiva a tutto questo. Reazione che scatta naturale per alcuni brand come Lamborghini, Bentley, Bugatti o Porsche. Quanto contano bellezza ed emozione per le classiche utilitarie? «Emozione e bellezza sono termini chiave di tutti i marchi perché ne determinano il carattere e valore, nonché il grado di attrattività. A prescindere dal marchio, l’attrattività e autenticità di un design sono fattori essenziali  per convincere il cliente che sta facendo la scelta giusta nel momento in cui opta per un veicolo».
Nel XXI secolo un chief designer d’auto non solo deve offrire idee vincenti, ma deve saper convincere la squadra. Non ha più ragion d’essere, dunque, il genio solitario. Del resto, ammette Mauer «quando inizi questo tipo di carriera, è essenziale avere già delle competenze quanto a lavoro di squadra. La chiave del successo spesso riposa nel saper collaborare con altre persone. Più lavori in un’azienda e più diventa complesso il tuo lavoro. Però acquisti sempre più esperienza e sei soggetto a una serie di stimoli che finiscono per sviluppare le tue potenzialità. Inoltre risulta utile partecipare a programmi di formazione. Quando sei parte di un processo complesso devi saper convincere le persone. Hai bisogno di persone che credano in te e nelle tue idee. Matthias Müller è stato ed è un boss cruciale ed esigente, molto aperto ad accogliere e supportare le nuove idee. A un certo punto la vera mission di Porsche era la prima Porsche elettrica, che non esisterebbe senza il suo supporto e convincimento».
Chiediamo infine a Mauer, ex enfant prodige, quanto abbiano contato il talento e il cosiddetto olio di gomito.  «Lo spiego con i numeri. Da 1 a 10: 8 lavoro e 2, o anche meno, il talento. Certo, sono determinanti l’ispirazione, l’attitudine, l’idea, ma poi è tutto lavoro lavoro lavoro».
Il designer d’auto è un creativo. E in quanto tale, alla caccia costante di nuove idee. Mauer dove le attinge? Cosa, più di tutto, mette in moto la creatività? «Ogni designer trae ispirazione da cose diverse. C’è chi si confronta con l’arte, per inciso io sono un appassionato dell’Impressionismo e in particolare di Monet e Manet, c’è chi il venerdì prende l’aereo e va a Londra. Io sento che siamo costantemente bombardati di informazioni, la nostra mente ha bisogno di tempo per metabolizzarle. Per me è fondamentale trovare ristoro nella natura, oasi di tranquillità e creatività, in particolare penso a un lago circondato da montagne come Walensee in Svizzera. Sia che ci vada per sciare, andare in bici o semplicemente per starmene seduto all’aria aperta per due ore senza pensare a qualcosa di particolarmente gravoso, ecco lì il mio subconscio riesce a riorganizzare le informazioni della settimana trovando soluzioni».E se c’è un timore che talvolta si insinua nella mente di Mauer è quello di «perdere la creatività», oltre che veder «sparire per sempre matite e biro».
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