L’idea di YesWork è creare un contatto tra la richiesta e l’offerta di lavori occasionali di piccola entità, offrendo un servizio alle persone che richiedono interventi
L’idea di YesWork è nata dall’intuizione dei Founder, Teddy Crivellari e Ronny Bonomo che nati e cresciuti nel mondo dell’edilizia si sono trovati molto spesso di fronte a richieste di lavori di piccola entità. Il dubbio che sorgeva era sempre il medesimo: chiedere un compenso troppo alto per l’entità del lavoro o eseguirlo gratuitamente sperando in chiamate “più importanti”? Da qui nasce l’idea di rendere “elettronica” e veloce la richiesta di interventi per tutti quei settori che richiedono una certa urgenza nell’esecuzione, cercando di riprodurre un sistema efficace in tutto il mondo e che sia il giusto compromesso tra velocità ed economicità.
L’obiettivo dell’App è quello di creare un contatto tra la richiesta e l’offerta di lavori occasionali di piccola entità (Metasearch), offrendo un servizio alle persone che richiedono interventi edilizi, ripetizioni, giardinaggio, pulizie, lavori domestici e tutte le altre categorie che comprendono quei piccoli lavori creando l’opportunità di guadagnare a chi è disoccupato, studente, pensionato o a chi semplicemente vuole arrotondare il proprio stipendio. L’unica platea esclusa al momento sono le società e le P.Iva per le categorie che già sono comprese nelle attività che svolgono con la loro posizione aziendale o professionale.
La normativa d’appoggio è la prestazione occasionale (Art.2222 C.C).
Si stanno valutando prima della resa operativa dell’App la possibilità di offrire agli operatori di sottoscrivere una polizza R.C. che copra la loro attività durante lo svolgimento della prestazione occasionale ad un prezzo agevole e per questo si stanno valutando compagnie assicurative interessate al progetto.
Piccoli lavori non significano piccoli fatturati. Il mercato target infatti conta solo in Italia milioni di transazioni che ad oggi non sono regolamentate ed aumentano la percentuale di lavoro “nero” ed utilizzo del contante, basti pensare a tutti gli annunci lavorativi che trovate sui portali “cerca lavoro” piuttosto che appesi alle pareti dei negozi, dei bar, dei supermercati e nelle bacheche universitarie.
Grazie alla nostra piattaforma questa fascia “grigia” avrà la possibilità di essere regolamentata e produrrà a livello nazionale anche una fonte per i dati statistici così importanti nelle scelte governative.
YesWork è ideata con una suddivisione del territorio in aree non più ampie di 5km di raggio per permettere la suddetta velocità ed economicità delle prestazioni.
YesWork offrirà a chi vorrà intraprendere la carriera imprenditoriale la possibilità di creare la propria azienda digitale attraverso il nostro sistema Yeswork Sphere e Yeswork Tutor.
Il primo è l’affiliazione con la replica del sistema nella propria città, dunque vi sarà la possibilità di essere il gestore di una propria zona, traendone i ricavi previsti dal flusso economico generato dalle operazioni svolte dagli operatori della zona stessa e dalle altre fonti di ricavo previste nel business plan aziendale.
Yeswork Tutor è invece il professionista che avrà la funzione di sostenere e sviluppare il business in quella determinata Sphere con dei margini di guadagno su tutta l’operatività.
L’App è presente negli Store ma non è al momento operativa. La previsione per il lancio ufficiale con l’inserimento dei primi 50 operatori già individuati e selezionati nella zona di Verona è per Aprile 2021, sperando che questa emergenza sia rientrata e non posticipi nuovamente la messa in funzione del sistema.
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Barilla sempre più ‘smart’ working, entro il 2020 tutti i dipendenti del Gruppo avranno l’opportunità di lavorare da casa
5 anni agoMaggiore flessibilità sul luogo di lavoro, approccio orientato ai risultati, delega nella gestione del proprio piano di attività: sembrano davvero lontani i tempi dell’Italia del “cartellino”… Nel mondo del lavoro il presente e il futuro si chiama “smart working”.
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Una piccola rivoluzione che sta trasformando e migliorando il mercato del lavoro, all’ordine del giorno dell’agenda politica visto che il Consiglio dei Ministri del 28 gennaio scorso ha approvato su questo tema un disegno di legge, ora al vaglio delle due Camere. Ma c’è chi è stato un vero e proprio precursore su questo tema: Il Gruppo Barilla. Nel 2013 infatti l’azienda emiliana – che impiega nel mondo circa 8.000 persone, con un fatturato superiore a 3 miliardi di euro e 29 siti produttivi – ha avviato un progetto di smart working in tutte le proprie sedi, nazionali e internazionali. Su 1600 dipendenti coinvolti dal progetto, circa 1.200 (oltre il 74%) hanno usufruito dell’opportunità. E la sfida di Barilla è quella di offrire lo smart working per il 100% del tempo ai dipendenti. Ma di cosa si tratta?“Smart working per Barilla significa tre cose”, afferma Alessandra Stasi, Responsabile Organization & People Development , “In primo luogo, lavorare dovunque, comunque e in qualunque momento. E in secondo luogo vuol dire utilizzare gli spazi in un modo diverso: abbiamo lavorato molto nelle varie sedi per riorganizzare gli uffici intorno alle attività di collaborazione, di comunicazione, di concentrazione individuale, che oggi possono essere fatte anche da remoto. Il terzo aspetto sono le tecnologie digitali».
SONO LE DONNE DI ETA’ MEDIA AD UTILIZZARLO DI PIU’, MENO DIFFUSO TRA I GIOVANI
Il progetto di Smart Working in Barilla è aperto a tutta la popolazione impiegatizia. Tuttavia esiste una maggiore propensione al suo utilizzo da parte delle donne tra 30 e 55 anni e da chi effettua un tragitto casa-ufficio mediamente lungo (maggiore ai 25 chilometri), con un conseguente risparmio di tempo, costi e connesso beneficio per l’ambiente. La propensione all’utilizzo invece decresce con l’aumentare dell’età: proprio la fascia più giovane – che si aspetta dall’azienda una maggiore flessibilità – in realtà è quella che la utilizza di meno.CON SMART WORKING MAGGIORE EQUILIBRIO TRA LAVORO E VITA PRIVATA
Lo Smart Working fa si che le persone abbiano una maggiore autonomia e una maggiore responsabilità su quando, dove e come lavorare, e su come conciliare esigenze personali e necessità di business. Da un punto di vista contrattuale, i dipendenti possono lavorare in sedi diverse dall’ufficio per 4 giorni al mese, accordandosi con il proprio manager. E I risultati, finora, sono stati molto positivi. In particolare il beneficio più grande riguarda l’equilibrio vita privata-lavoro che ha portato a un aumento della soddisfazione dei dipendenti. L’ingresso di Barilla nello smart working non è stato guidato dall’aumento della produttività. Tuttavia un’inchiesta globale effettuata con l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano su un campione di 600 persone coinvolte nello smart working in Barilla ha mostrato che per i manager non c’è stato un peggioramento nei livelli di produttività ed efficacia/efficienza delle prestazioni.IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA NELLO SMART WORKING
I principali ingredienti del progetto sono stati rivisitazione degli spazi aziendali e adozione di tecnologie digitali a sostegno di nuove modalità per la comunicazione e la collaborazione come l’instant messaging, lync, whatsapp, videoconferenze. Grazie a nuove tecnologie, il lavoro da remoto diventa dunque realtà: è possibile infatti scollegare l’ambiente e il fattore temporale dal lavoro in sè, che viene quindi fatto in maniera più indipendente, rendendo di più e portando l’azienda ad un risparmio notevole in termini di infrastrutture e strumenti di lavoro.
Per favorire l’utilizzo delle tecnologie digitali, Barilla ha organizzato degli open day di formazione aperti a tutti in cui è possibile incontrare i colleghi dell’IT e sciogliere dubbi e perplessità. L’azienda inoltre ha potuto inoltre verificare l’entusiasmo verso le nuove modalità di lavoro, constatando che il cambiamento ha portato anche un positivo ritorno in termini di qualità del lavoro e anche di creatività.«Abbiamo ottenuto, prosegue Alessandra Stasi, un migliore bilanciamento delle sfere privata, sociale e professionale delle persone. Il secondo vantaggio è stato l’aumento della produttività grazie a una maggiore concentrazione, specie per certe tipologie di lavoro. L’altro aspetto positivo è una forte spinta alla diversity: c’è molta personalizzazione, siamo andati incontro a bisogni diversi. Ultimo ma non ultimo è il supporto all’innovazione, nel senso che alcune attività come leggere dei paper e informarsi hanno trovato un ambiente più favorevole».
COME CAMBIA IL RUOLO DEI MANAGER
Oltre a questo, si è lavorato per definire nuove pratiche e per permettere ai manager di gestire al meglio la flessibilità e la virtualità introdotte dai nuovi strumenti. «I manager stanno cambiando, diventando più smart, capaci di coordinare le persone nel nuovo ambiente virtuale,” conclude Alessandra Stasi”. “Sono diventati degli attivatori, in grado di fare empowerment. Mi ha colpito che questa modalità così flessibile, aperta, virtuale, ha portato un grande rigore e molta disciplina, un forte senso di responsabilità nell’utilizzare gli strumenti che l’azienda mette a disposizione, mai compromettendo i risultati di business”[/auth]
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Il Trump Bump alla prova del Congresso
4 anni agoL’attesa riforma fiscale darà slancio agli utili delle imprese americane. E favorirà il mercato dell’equity, con i titoli tecnologici in pole position
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]La riforma sanitaria è morta, lunga vita alla riforma fiscale». Le parole sono di Stephen Mitchell, head of strategy global equities di Jupiter Asset Management, a commento dei primi cento giorni di presidenza di Donald Trump. Se è vero che le prime settimane del mandato hanno stimolato i rendimenti dell’azionario globale, il meno convenzionale tra tutti i presidenti Usa deve ora rimboccarsi le maniche e mettere mano ad alcune riforme, soprattutto quelle delle tasse e della regolamentazione, promesse in campagna elettorale per mantenere lo slancio positivo. Il rialzo dei mercati azionari globali a seguito dell’elezione di Donald Trump è stato, infatti, generato dalle aspettative, finora in gran parte non concretizzate, che la sua presidenza avrebbe dato inizio a un’epoca di bassa tassazione, deregolamentazione del mercato e investimenti nelle infrastrutture. Generando così una crescita degli Stati Uniti, con un effetto a catena positivo sull’economia mondiale.
È opinione di molti strategist che certamente la sua elezione abbia aiutato a cambiare orientamento degli investitori americani, contribuendo al cosiddetto Trump Bump, ma per quanto riguarda l’economia globale il 45° presidente degli Stati Uniti ha anche avuto la sua buona parte di fortuna. «Trump si è avvantaggiato di ben due situazioni favorevoli nei primi giorni della sua presidenza», spiega Mitchell «È stato eletto quando i mercati mondiali iniziavano a sentire gli effetti benefici del nuovo pacchetto di stimoli messo in campo dalle autorità cinesi all’inizio del 2016, per vivacizzare un’economia rallentata da un impulso anticorruzione. E poi, anche la ripresa del prezzo del petrolio è stata una manna per l’America: dopo essersi aggirato intorno ai 30 dollari al barile nella prima metà del 2016, il petrolio è ora saldo intorno ai 50 dollari, un livello a cui un buon numero di società di shale gas riesce a far girare i propri impianti di estrazione in modo produttivo, con l’effetto di una ripresa nella produzione industriale».
Gli astri finora si sono allineati a favore di Trump. Ma a far decollare i mercati Usa ha contribuito, almeno fino a oggi, anche un reale supporto verso le sue politiche da parte della comunità imprenditoriale, che si è tradotta in una maggiore fiducia per le prospettive dell’economia da parte delle piccole imprese e anche da parte dei consumatori.
La creazione di nuovi posti di lavoro e le nuove assunzioni sono in crescita, e la disoccupazione è scesa al 4,5% a marzo 2017 rispetto al 4,8% di ottobre 2016, il mese precedente la sua elezione. Trump, da uomo d’affari quale è, ha anche corteggiato le grandi corporation del Paese, istituendo un Business advisory council, ovvero una piattaforma che consentirà a 17 dirigenti di società del calibro di Pepsico, JP Morgan e Boeing, di influenzare ed elaborare politiche business-friendly. «Sapere che questi titani dell’industria godono dell’attenzione del presidente e che stanno offrendo una guida è rassicurante. Inoltre sembra davvero che il presidente vi presti ascolto», dice Mitchell.Riforma fiscale. Al momento, l’effetto del Trump Bump sembra essersi affievolito, dato che i tre pilastri su cui si è fondato il rally del mercato azionario sembrano sempre più instabili, e alcuni si chiedono se ci sia un gap tra le aspettative e la reale capacità del nuovo presidente di tenere fede alle promesse fatte. Soprattutto dopo il fallimento della riforma sanitaria, in molti si chiedono quale sia la sua reale capacità di implementare altre misure e dopo il Trump Bump si comincia a parlare di Trump Slump, ovvero crollo di Trump. «Crediamo che questo pessimismo circa le capacità di concretizzazione di Trump potrebbe rivelarsi eccessivo», spiega Mitchell. «Dal nostro punto di vista, Trump avrà buoni margini per portare a termine la riforma delle tasse, potrebbe fare significativi passi avanti nell’area della regolamentazione, anche se probabilmente deluderà le aspettative sulle infrastrutture».
Ma quali sono i pilastri della riforma fiscale di Trump? Considerando che gli stati Uniti hanno una corporate tax relativamente alta, pari al 35%, molte aziende americane scelgono di non riportare in patria i profitti ottenuti con attività oltre oceano. Si stima che le 500 più grandi aziende americane posseggano tra i 2,1 e i 2,5 trilioni di dollari in liquidità all’estero per evitare quella che considerano una tassazione punitiva. Il rimpatrio dei fondi con una «tax holiday», che assegna alle aziende una precisa finestra temporale entro la quale i profitti maturati all’estero vengono tassati solo al 10%, potrebbe vedere il rientro negli Stati Uniti di molti capitali che possono essere utilizzati per investimenti o operazioni di m&a.
«Dal nostro punto di vista, potrebbe essere uno scenario possibile, la cui implementazione non richiederebbe tagli alla spesa in altri settori per modificare la legge, e sarebbe quindi un approccio win-win per le politiche America First di Trump», spiega Mitchell. Altre riforme del sistema di tassazione, incluso il taglio della corporate tax al 20%, sembrano essere invece più problematiche, poiché dovrebbe essere finanziato da tagli di bilancio difficili da attuare considerando che gli Stati Uniti hanno già un debito di 19 trilioni di dollari e che i partiti in questa fase sono inclini a frenare l’alto livello di indebitamento, piuttosto che aumentarlo.
World Excellence ha chiesto a Frédéric Dodard, responsabile Emea dell’investment solution group di State Street Global Advisors, a Didier Saint-Georges, managing director e membro del comitato investimenti di Carmignac, e a Giordano Beani, cio di Amundi Sgr, quali sono le loro previsioni sul tema della riforma fiscale americana e quali sono in questa fase di attesa le più opportune scelte di investimento sul mercato americano. Il risultato? In gran parte è legato al fattore tempo: se la riforma passasse entro la fine dell’anno, la riduzione delle imposte sulle società farebbe aumentare in modo sostanziale gli utili del mercato azionario, con una concreta possibilità di assistere a una fase di risk-on sui mercati e conseguenti sovraperformance per le azioni e perdite sul mercato obbligazionario. Al contrario un accordo tardivo, e soprattutto deludente su alcuni tagli fiscali deprimerebbe i mercati azionari, ma potrebbe rassicurare quelli obbligazionari sui rischi legati all’inflazione e al rafforzamento monetario.[/auth]
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