Non siamo in vendita e guardiamo all'estero

L’amministratore delegato di Azimut illustra le strategie del gruppo. Che mira a restare indipendente e a rafforzarsi sui mercati internazionali
[auth href=”http://www.worldexcellence.it/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
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Il 2017 è stato il suo primo anno come capo azienda di Azimut: un bilancio?
È stato un anno intenso, carico di attività e soddisfazioni. I numeri espressi dal gruppo fotografano una realtà in continua e rapida espansione che dal 2011 a oggi ha incrementato le masse complessive da 16,5 miliardi di euro agli attuali quasi 50, grazie anche a una raccolta netta che da inizio anno sfiora i 6 miliardi di euro. Quando sono arrivato, poco più di un anno fa, sono salito su un treno in corsa lanciato ad altissima velocità. È stato sfidante ed entusiasmante salirci a bordo. Al 30 settembre scorso abbiamo registrato il secondo miglior utile netto sui nove mesi della nostra storia, pari a 161 milioni di euro, proiettandoci verso una chiusura d’anno decisamente positiva.
Quali sono state le sfide più importanti e che cosa pensa sia ancora migliorabile?
Una crescita così vivace ha portato con sé un carico di lavoro molto importante e una forte sollecitazione della struttura organizzativa ed esecutiva. Nel corso dell’anno ho messo a disposizione la mia esperienza, maturata in importanti gruppi esteri, per favorire la definizione e strutturazione di attività e processi volti a migliorare da subito la macchina operativa. Inoltre abbiamo posto particolare attenzione al contenimento dei costi, ottenuto anche attraverso una puntuale revisione dei contratti di outsourcing, che ci permetterà di avere più risorse a vantaggio di nuovi investimenti. Stiamo lavorando su diversi fronti, per questo abbiamo aperto numerosi cantieri interni, 57 per la precisione, in cui lavorano tanti bravi colleghi con l’obiettivo di sostenere e supportare la crescita del gruppo in Italia e all’estero.
Il momento d’oro delle gestioni per quanto ancora proseguirà?
Sebbene sia sempre più difficile interpretare i mercati, appare chiaro che la vera sfida sarà la ricerca di rendimento visto che i tassi rimarranno ai minimi storici ancora per un certo periodo. Nel nostro caso la diversificazione geografica garantita dalla presenza in 17 Paesi del mondo ci permetterà di continuare a crescere a ritmi sostenuti anche nel caso di un rallentamento in Europa e in Italia.
Parliamo di Pir. Voi siete uno dei maggiori investitori sull’Aim: non teme la bolla?
Considero i Pir un’ottima iniziativa che consente agli investitori italiani di mettere a disposizione del loro Paese modalità di investimento nelle piccole e medie imprese. Azimut possiede un grande plus rispetto a tanti altri asset manager italiani, che consiste nella capacità di selezionare le piccole-medie imprese non quotate di valore, intuendo il potenziale laddove si trovi. Questa abilità è frutto dell’attività che svolgiamo ormai da tempo con le aziende: all’interno del progetto Libera Impresa» esistono numerose iniziative che spaziano dal crowdfunding alle operazioni più complesse. Nei Pir mettiamo a disposizione questa capacità, fornendo impulso all’economia italiana e in soli due mesi abbiamo raccolto quasi 230 milioni di euro.

Parliamo di Pir immobiliari: condivide questo allargamento?
Credo sia un modo per dare una boccata di ossigeno al mercato immobiliare che fatica a riprendersi. Staremo a vedere se nei prossimi mesi arriveranno in Borsa aziende del real estate e come i gestori valuteranno i fondamentali delle società dell’immobiliare.

Quale compito assegnate a Futurimpresa?
Con l’acquisizione dell’intero capitale di Futuraimpresa Sgr (ora rinominata Azimut Libera Impresa Sgr) abbiamo impresso nuovo slancio all’iniziativa Libera Impresa, nata nel 2014 con il duplice obiettivo di offrire ai clienti opportunità di investimenti alternativi capaci di generare rendimento, in un contesto dove è sempre più difficile ottenerlo, e di sostenere l’intero ciclo di vita delle medie imprese italiane d’eccellenza. Vogliamo rafforzare la piattaforma dedicata alle soluzioni del non quotato e diventare uno dei principali operatori nel segmento degli investimenti alternativi e punto di riferimento per le imprese eccellenti del nostro Paese.
Voi siete l’unico asset manager italiano con una presenza internazionale significativa: quanto pesa oggi la componente estera nel vostro utile e quali sono i programmi?
Con l’estero che rappresenta il 24% delle nostre masse totali possiamo definirci una vera e propria multinazionale del risparmio gestito. Certo, se paragonati a nomi blasonati esteri, siamo una multinazionale tascabile ma con importanti potenzialità di crescita. La strategia di internazionalizzazione intrapresa a partire dal 2010 segue una logica di lungo periodo che guarda ai mercati di Paesi ad elevati tassi di crescita. La presenza estera è per noi importante non solo in termini di masse raccolte ma anche di competenze maturate in aree geografiche molto differenti che ci consentono di proporre alla clientela soluzioni innovative. In questo quadro trae origine il progetto, da poco annunciato, di creare un Global Team di gestione che permetterà al gruppo di seguire e monitorare i mercati finanziari 24 ore al giorno attraverso le diverse sedi operative di gestione basate in Emea, Asia-Pacifico e nel continente americano. A oggi contiamo 80 investment professional di cui oltre 20 analisti, con forte prevalenza di professionisti basati nei Paesi emergenti che hanno esperienza in mercati locali e internazionali. Questo modello permetterà un maggior coordinamento di informazioni tra tutti i nostri gestori dislocati nel mondo, sviluppando sinergie che sono alla base dell’avvio di alcuni prodotti globali che lanceremo.
Il  3 gennaio è entrata in vigore Mifid2, cosa cambierà davvero per il mercato italiano soprattutto sotto il profilo delle commissioni?
La Mifid II esigerà maggiore trasparenza nei confronti della clientela che avrà modo di rapportare i costi effettivamente sostenuti, che includono quindi le commissioni pagate, con le performance di portafoglio generate e il servizio ricevuto. Questo per noi non rappresenta una minaccia ma un’opportunità perché da anni sappiamo offrire ai nostri clienti performance più alte della media dei competitor e con il Global Team riusciremo a farlo ancora meglio.
Quanto conta essere indipendenti e quali sono i pro e i contro?
L’indipendenza è un valore impresso nel Dna di Azimut, è ciò che rende i nostri dipendenti, manager, consulenti finanziari azionisti di riferimento della società, permettendo loro di vivere l’azienda come qualcosa di proprio. È una condizione che allinea gli interessi di tutti e che da sempre ci tiene lontani dai grandi scandali finanziari. Grazie alla nostra indipendenza abbiamo costituito una piattaforma aperta di prodotti e servizi attraverso cui gli oltre 2mila consulenti finanziari in Italia e all’estero assistono quotidianamente i clienti nelle decisioni di pianificazione del patrimonio, inteso nella sua complessità e non limitatamente all’aspetto finanziario. Non vogliamo rinunciare alla nostra autonomia, grazie alla quale operiamo senza dover sottostare a decisioni altrui se non quelle che incontrano i reali interessi dei clienti e degli azionisti. Una libertà che non tutti hanno e che può fare invidia.
Pietro Giuliani vede il titolo a 50 euro, circa il triplo dell’attuale quotazione: condivide tanto ottimismo?
Non è ottimismo, quanto piuttosto consapevolezza del reale valore dell’azienda, attualmente molto distante da quello che esprime il titolo in Borsa. Siamo sicuri che i risultati solidi, l’espansione estera, il valore dei consulenti finanziari e wealth manager, il consolidamento delle nostre competenze, porteranno a una più corretta valutazione del titolo.
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